In quarant’anni Andrea Palladio ha forse lasciato l’eredità più grande rispetto a quella di ogni altro architetto. Il paesaggio veneto e friulano, piano e che sembra perdersi all’infinito, può aver contribuito alla modernità della visione spaziale palladiana.
di GIORGIO PACOR
In quarant’anni Andrea Palladio ha forse lasciato l’eredità più grande rispetto a quella di ogni altro architetto. Il suo trattato “I Quattro Libri della Architettura” e gli edifici da lui realizzati hanno modificato irrevocabilmente il pensiero architettonico occidentale. Nell’arco della sua vita (1508- 1580) Palladio trasformò Vicenza, sua città adottiva, ed i suoi dintorni.
È nel Veneto che Palladio ha esercitato la sua arte durante la metà del Cinquecento, periodo di insolito sviluppo economico e di progresso in campo culturale. La stabilità politica, risultante dal controllo che Venezia aveva raggiunto sulla terraferma, unita al fatto che il dominio marittimo della Repubblica veniva minacciato dalla Lega di Cambrai, produceva uno spostamento nell’economia della regione veneta dal commercio verso l’agricoltura (nel 1508 Massimiliano d’Asburgo e Luigi XII, con il favore di papa Giulio
II, stipulano la Lega di Cambrai contro Venezia. L’anno dopo le forze della lega, ad Agnadello, sconfiggono Venezia, che perde parte dei suoi possedimenti in terraferma: per inciso Venezia perde anche l’Isontino, tranne Monfalcone, ed il suo territorio fra Timavo ed Isonzo, che rimarrà sua fino al 1797).
Progetti di bonifica territoriale portarono ad un sistema di canalizzazione, facilitando questo cambiamento che, a sua volta, creò le condizioni perché la crescente aristocrazia terriera commissionasse nuovi lavori edili. Unico architetto eminente in questa regione nel Cinquecento, Palladio fu il primo ad assorbire le particolari condizioni economiche, sociali e geografiche del Veneto e ad incorporarle in una architettura altrettanto fondamentale quanto innovativa.
Figlio di un mugnaio padovano, Palladio (Andrea di Pietro) fu tagliapietra e poi lapicida a Vicenza. Fu probabilmente intorno al 1537 che fu notato dall’intellettuale ed umanista Giangiorgio Trissino, mentre lavorava per la sua villa di Cricoli, nei pressi di Vicenza, dove questi aveva fondato un’accademia per la formazione classica dei giovani aristocratici. Trissino accolse il lapicida nella sua accademia, ne diresse la prima parte degli studi formali di architettura e gli diede il nome di Palladio. Nel poema epico del Trissino “L’Italia liberata dai Goti”, Palladio è un angelo votato all’architettura. Il nome è quello dell’autore di un antico trattato di agricoltura, Palladius.

INFLUENTE. Alessandro Maganza (1556–1632). Ritratto di Andrea Palladio. Collezione privata Mosca. Andrea Palladio, pseudonimo di Andrea di Pietro della Gondola, è stato architetto, teorico dell’architettura e scenografo eccelso del Rinascimento ed è considerato una delle personalità più influenti nella storia dell’architettura occidentale. Fu l’architetto più importante della Repubblica Veneta.
Trissino, egli stesso architetto umanista, progettò la sua villa a Cricoli, che è stata la prima costruzione di Vicenza ad evocare lo spirito classico dell’antichità. Villa Trissino fu un importante esempio precursore del lavoro di Palladio. La sua concezione simmetrica, la stanza più grande posta nel centro e la loggia fiancheggiata da torri diventarono componenti costanti delle sue ville. La loggia, completata nel 1538, è basata su un disegno di Sebastiano Serlio, variazione di villa Madama di Raffaello a Roma, che Serlio pubblicò nel 1540.
Sebastiano Serlio (1475-1544, importante per il grandioso contributo di idee fornito dal suo “Trattato di architettura”, diffusissimo in Europa. Prende dal suo nome “la serliana”, tipo di finestra a tre aperture, la centrale ad arco e le laterali con architrave), ebbe un ruolo importante nella formazione di Palladio. Palladio potrebbe aver incontrato Serlio nel 1539, quando questi si trovava a Vicenza per dei lavori alla Basilica (così chiamato il palazzo della Ragione).
Trissino portò Palladio a conoscenza di altri trattati di architettura esistenti a quel tempo. Alla sua formazione contribuirono le opere del Falconetto, del Sanmicheli, di Sansovino e di Giulio Romano. Il suo interesse per l’antichità fu influenzato dallo studio del testo di Vitruvio del I secolo d.C., di cui nel Cinquecento esistevano diverse edizioni, corredate di illustrazioni interpretative. Palladio studiò pure il trattato di Leon Battista Alberti (1406-1472) ed inserì molte delle idee presenti nel “De Re Aedificatoria” nei suoi “Quattro Libri
dell’Architettura” del 1570.
Tra il 1538 e il 1540 Trissino visse a Padova, dove Palladio probabilmente lo frequentò per un certo periodo. Qui fu profondamente influenzato da Alvise Cornaro, umanista padovano e mecenate dell’architettura. La Loggia (visitabile oggi al mattino, sita non lontano da Sant’Antonio, come scena fissa per commedie ove Angelo Beolco detto il Ruzzante rappresentò le sue – ancora rappresentate ai
giorni nostri – La Betia e La Moscheta) e l’Odeon (sala rinascimentale per musica e conversazioni letterarie) di Cornaro, costruiti nel 1524 e nel 1530, seguendo il disegno di Giovanni Maria Falconetto (1468-1534, costruttore anche della villa dei Vescovi a Luvigliano, sui colli Euganei) furono le prime costruzioni della città di Padova a dar corpo allo spirito rinascimentale. Inoltre, l’attitudine prammatica di Cornaro ed il suo interesse per il significato della forma architettonica, influenzarono le descrizioni logiche e chiare dei Quattro Libri.

UDINE. Palazzo Palladio, ex sede della Banca d’Italia in via Gemona a Udine, nel 2018 è stato donato dal professor Attilio Maseri, all’Università, diventando “Palazzo Antonini-Maseri”. Realizzato da Andrea Palladio nel 1556 per la famiglia Antonini, è dotato di un grande parco che rientra tra i giardini storici della città.
Dal 1541 al 1554 si recò più volte a Roma per studiare le rovine dell’antichità classica. Può darsi che il suo ultimo viaggio a Roma l’abbia fatto in compagnia del dotto prelato veneziano Daniele Barbaro, il mecenate umanista che gli commissionò il progetto della villa a Maser, presso Asolo, e che lo aiutò ad ottenere molti dei suoi incarichi per dei lavori a Venezia.
Durante il primo decennio della sua carriera di architetto, Palladio costruì dei palazzi e delle ville di campagna per la nobiltà di Vicenza. Molti di questi lavori, senza dubbio, furono ottenuti da Giangiorgio Trissino, per il suo protetto, nell’ambito della sua campagna di rimodernizzazione della città. Nel 1545 Il Maggior Consiglio vicentino decise di affidargli la ricostruzione della Basilica in piazza dei Signori, l’edificio pubblico più importante di Vicenza, ciò che dimostra la stima in cui era tenuto Palladio nella sua città adottiva.
Nel 1550 Palladio cominciò a lavorare per una vasta cerchia di committenti a Verona e a Venezia. A questo contribuì, dopo la morte del Trissino nel 1550, la collaborazione di Palladio con Daniele Barbaro. Durante gli anni 1560, Palladio viaggiò molto a seguito dei suoi numerosi progetti. La sua reputazione quale primo architetto di Venezia risale a questo periodo e nel 1570, dopo la morte di Jacopo Sansovino, si trasferì in questa città ove si trovava la maggior parte dei suoi ultimi lavori.
Anche se la concezione architettonica dei suoi palazzi non riscosse mai a Venezia l’approvazione che invece ebbe a Vicenza, Palladio, grazie all’influenza di Barbaro, ottenne una serie di commissioni, da parte di istituzioni religiose, che gli diedero la possibilità sia di sviluppare nuovi temi architettonici, che di approfondire quelli già esistenti. Le sue chiese veneziane, costruite alla periferia della città, rivelano la profondità dell’immaginazione creativa di Palladio negli ultimi anni della sua attività.
Nel 1579 Palladio ritornò a Vicenza per realizzare la sua ultima opera, il Teatro Olimpico, che fu completato da Vincenzo Scamozzi (1553-1616). Morì il 19 agosto 1580, mentre lavorava al tempietto Barbaro a Maser e fu sepolto a Vicenza nella chiesa di Santa Corona. L’interesse di Palladio sta soprattutto nella ricerca di variazioni su temi architettonici, piuttosto che nello sviluppo di un’idea formale. Egli combinò questi temi in vari modi per soddisfare le esigenze del progetto immediato, così che persino nella varietà formale dell’opera mantenne una coerenza che va al di là delle distinzioni tipologiche.

CIVIDALE. Il Palazzo Pretorio a Cividale del Friuli, oggi sede del Museo Archeologico Nazionale, progettato dal Palladio e costruito a partire dal 1565.
I metodi di composizione usati da Palladio sono altrettanto innovativi. La giustapposizione simmetrica di elementi distinti attorno ad un asse centrale produce un effetto di disposizione di spazi scenografica. Questi principi valgono sia per le chiese che per le ville e i palazzi. La composizione globale non è più fisicamente unificata, ma i suoi elementi sono riuniti, in un insieme armonico, dal raggruppamento logico di forme perfette.
La disposizione spaziale di Palladio stabilisce una distanza nuova tra l’osservatore e l’oggetto architettonico, tale da portare l’intelletto a riunire in sé i diversi elementi. In questo egli sembra avvicinarsi maggiormente alla percezione moderna dello spazio, piuttosto che a quella dei suoi contemporanei. La concezione palladiana dello spazio è “scenografica” e rappresenta un elemento di rottura rispetto al concetto di spazio prospettico del rinascimento.
Lo spazio prospettico acquisisce unità tramite relazioni proporzionali. Ha una qualità tangibile; è vincolato dalla continuità delle superfici verticali ed è, attraverso essa, percepibile. Lo spazio scenografico è fisicamente discontinuo; la sua unità è di natura percettiva anziché fisica. Come punto di riferimento, esso si basa sulle superfici orizzontali, piuttosto che su quelle verticali e, di conseguenza, è suscettibile di estensione all’infinito. La qualità effimera dello spazio scenografico risulta dalla sintesi mentale che riporta ad un tutto logico le componenti distinte raggruppate sulla superficie piana. Può darsi che il paesaggio veneto, piano e che sembra perdersi all’infinito, abbia contribuito alla modernità della visione spaziale palladiana.

UDINE. L’Arco Bollani, ai piedi della salita che conduce al Castello di Udine, realizzato da Andrea Palladio nel 1556. FAI Fondo Ambiente Italiano.