Lo scoppio della pandemia a livello mondiale ha esaltato il ruolo degli strumenti di comunicazione. La connessione di per sé non basta a fare della rete un luogo di condivisione delle relazioni.
di LUCIO GREGORETTI
Il 29 agosto 2003 lo svedese Niklas Zennström e il danese Janus Friis lanciarono Skype, diventato il più famoso programma di telefonia via Internet, protagonista di una storia che ha rivoluzionato la rete e ha creato nuove opportunità importanti specie per chi usa la rete per lavoro. Essi intuirono il modo per sfruttare il VoIP (acronimo di Voice Over Internet Protocol) e le tecnologie di digitalizzazione della voce, esistenti da molto tempo prima.
Zennström e Friis si erano già prima d’allora distinti come precursori di innovazione. Nel 1991 erano entrambi coinvolti in Tele2, compagnia telefonica nota in tutta Europa, sinché decisero di staccarsi e dare vita a un proprio progetto. Cominciarono con la piattaforma “pirata” di condivisione file KaZaA, che diede loro immediata fama, ma il successo arrivò con l’idea di sviluppare le reti Wi-Fi utilizzando Internet per effettuare telefonate. Nel primo mese di vita, Skype realizzò un milione di utenti, saliti nei primi sei mesi a sei milioni. Nel settembre 2011, ne aveva registrati 663 milioni in tutto il mondo.
Utilizzando Skype e la possibilità di parlarsi e di vedersi a distanza, nel 2006 venne attivato da Monfalcone un rapporto, che oggi verrebbe chiamato “virtuale”, con la Comunità dei corregionali italiani a Salta, all’estremo nord dell’Argentina, fra Cile e Bolivia, cominciando con gli appuntamenti tradizionali di auguri nei periodi di festività. Emozione da una parte e dall’altra: oltre 11 mila chilometri di distanza, 4 fusi orari di differenza, mezzogiorno a Salta, le 16 a Monfalcone.
L’anno prima Gianfranco Martinis, colonna dei nostri corregionali in Argentina, era venuto a incontrare i parenti friulani e s’era innescato un rapporto con la città dei cantieri per antonomasia, Monfalcone appunto, in virtù del fatto che questo stabilimento aveva realizzato negli anni Trenta una delle opere d’ingegneria fra le più ardite di tutto il Sud America, il ponte della Polverilla, nelle Ande a nord di Salta. A Salta si andò a ricercare la documentazione storica dell’impresa, visti i pochi riferimenti in sede locale. Si consolidò un rapporto, fatto anche di progetti concreti di cooperazione allo sviluppo.

ZOOM. La piattaforma Zoom è diventata uno dei leader nelle moderne comunicazioni video. La pandemia ha alimentato l’utilizzo diffuso delle nuove tecnologie anche per favorire le relazioni con i corregionali all’estero.
Da inizio degli anni Duemila la rivoluzione tecnologica nelle comunicazioni ha fatto passi rivoluzionari e oggi, direttamente dai nostri cellulari possiamo scambiarci ogni tipo di informazione, assistere in diretta a ogni tipo di evento, condividere in tempo reale i momenti più significativi della nostra vita.
La rete oggi è un contesto esistenziale nel quale si sta in contatto con gli amici che abitano lontano, ci si informa, si acquistano cose. Sono state rimosse molte barriere, benvenuta tecnologia. Si sono formate realtà globali che incidono profondamente sui nostri costumi e sui modi d’essere: Facebook, Instagram, Amazon, Twitter, sono i vertici di questa nuova stagione di relazioni e di scambi, con tante luci e non poche ombre, dalla privacy ai condizionamenti più o meno occulti.
In realtà l’homo sapiens è sempre stato un homo technologicus, simbionte di uomo e tecnologia in perpetua trasmutazione. Ma, intanto, è aperto il dibattito sul fatto che l’umanità sembra destinata ad una profonda trasformazione culturale, epistemologica e perfino fisiologica e che la rapidità del cambiamento determinato dalla tecnologia dell’informazione possa essere una minaccia per il nostro equilibrio biologico ed emotivo.
Lo scoppio della pandemia a livello mondiale ha esaltato il ruolo degli strumenti di comunicazione. Sono diventati una componente fondamentale delle nostre relazioni e un fattore fondamentale per mantenere i contatti in tante situazioni, basti pensare ai rapporti fra familiari e ospiti delle istituzioni d’accoglienza o alla diffusione della didattica a distanza, nel momento in cui non è stato possibile tenere aperte con regolarità le istituzioni scolastiche. Anche i legami con chi si trova all’estero, nel tempo in cui i confini si sono chiusi e la mobilità si è ristretta, sono stati mantenuti grazie alle nuove tecnologie.
Tutto bene? È evidente l’importanza della comunicazione a distanza, ma essa non potrà mai sostituirsi al bisogno individuale, connaturato alla nostra natura, di socializzazione e di partecipazione diretta e personale. La miglior rappresentazione musicale virtuale, non sarà mai pari alle sensazione che si prova nell’ascolto diretto. Lo stesso per la visita ad un museo o per l’insegnamento, dove il confronto è essenziale.
La connessione di per sé non basta a fare della rete un luogo di condivisione pienamente umana, perché le relazioni non sono solo un “prodotto” della comunicazione. Uno studente ha affermato paradossalmente di amare il proprio computer “perché dentro ci sono tutti i propri amici”. Ma il contatto personale è tutt’altra cosa.