Del Bianco è uno dei protagonisti di un’opera conosciuta in tutto il mondo e la sua storia di emigrato ha al centro i volti di quattro famosi presidenti USA: George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln.
“Non sono un critico d’arte, non sono nemmeno un esperto, ma credo che l’apprezzamento e il giudizio sull’arte sia soggettivo e personale: il mio è che la più incredibile opera d’arte mai realizzata sia Mount Rushmore. Per difficoltà, pericolo, realizzazione, talento, inventiva, precisione, visione. Riuscite a immaginare cosa voglia dire scolpire una montagna appesi per aria a 150 metri da terra, esposti alle intemperie, senza poter controllare in tempo reale il risultato del proprio lavoro, con uno strumento pesantissimo e per niente di precisione, facendola diventare un volto? E non uno qualsiasi, uno conosciuto da tutti!”
E che origini poteva avere il capo degli scultori di quest’opera d’arte, che ne ha materialmente realizzato una parte ed ha insegnato agli altri come fare? Ma certo che era italiano, il suo nome era Luigi Del Bianco. Il suo contributo ad un’icona degli Stati Uniti è il simbolo di quanto abbiano fatto gli italiani, nati qui o già nati in America, alla bellezza che c’è negli Stati Uniti, alla loro grandezza, ai loro simboli.
Oggi ospitiamo Lou Del Bianco, nipote di quel visionario artista friulano e autore del libro Out of Rushmore’s Shadow: The Luigi Del Bianco Story. È un ottimo modo per cominciare questo 2021 pieno di speranza.

NIPOTE. Lou Del Bianco, nipote di Luigi, di cui ha ricostruito la storia attraverso precisi documenti.
Lou, raccontaci la storia di Luigi Del Bianco prima del Mount Rushmore.
Mio nonno nacque nel 1892 in quello che si chiamava Borgo Del Bianco, nel comune di Meduno, in provincia di Pordenone, nella Regione Friuli Venezia Giulia. Quando aveva circa 12 o 13 anni, scolpì un cagnolino nel legno. Il mio bisnonno, Vincenzo Del Bianco, lo mandò in Austria perché lì c’era la più vicina scuola di intaglio. Così mio nonno studiò 3 anni presso un maestro italiano in Austria e poi tornò in Italia e studiò a Venezia per 2 anni.
Nel 1933 Gutzon Borglum era già a capo delle operazioni di lavorazione del Mount Rushmore, quando si rese conto che gli uomini che intagliavano sotto di lui potevano fare il lavoro grezzo e approssimativo, ma aveva bisogno di uno scalpellino di granito che potesse rifinire i volti. Per questo chiamò mio nonno, che divenne il capo intagliatore del Mount Rushmore.
Raccontaci di questa meravigliosa avventura, Mount Rushmore.
Nel 1925, Doane Robinson, lo storico del Sud Dakota (dove si trova Mount Rushmore), volle incrementare il turismo. Così gli venne l’idea di aggiungere alcune sculture di personaggi importanti della storia dell’Occidente e, per farlo, si avvicinò a Gutzon Borglum. Borglum suggerì che queste sculture fossero ricavate sul fianco di una montagna e che le figure dovessero essere dei presidenti.
Nel 1910 scrisse una cartolina ai suoi parenti negli Stati Uniti per lavorare come intagliatore di lapidi a Barre, in Vermont. Suo cugino, Pietro Del Bianco, gli fece da sponsor e così mio nonno venne in America e lavorò in una cava di pietra per cinque anni. Quando l’Italia entrò nella prima guerra mondiale contro la Prussia, mio nonno tornò in Italia e combatté nell’esercito italiano.
Nel 1920 tornò a Barre dove incontrò un collega scalpellino di nome Alfonso Scafa che portò mio nonno a Stamford, in Connecticut, per incontrare Gutzon Borglum, il progettista di Mount Rushmore. Borglum lo assunse come esperto di granito e poi come capo scalpellino. Mio nonno si stabilì a Port Chester, nello stato di New York, a soli quindici minuti dal Connecticut, dove Scafa gli presentò mia nonna, Nicoletta Cardarelli.
Gutzon Borglum selezionò Washington perché fu il nostro primo presidente, Jefferson perché sotto di lui ci fu una grande espansione del nostro Paese e Theodore Roosevelt perché voleva preservare le foreste e i parchi nazionali. Poi scelse Lincoln perché salvò letteralmente la nostra democrazia. Così, Mount Rushmore divenne noto come “Il Santuario della democrazia”.
La maggior parte degli uomini che vi lavoravano venivano dalle miniere di carbone e di argento e non avevano alcuna esperienza di arte e di intaglio. Borglum aveva bisogno di uomini che non avessero paura di andare a 150 metri di altezza, così pensò che se avesse assunto questi minatori disoccupati, e se li avesse addestrati a seguire le sue istruzioni, sarebbe stato in grado di compiere la sua missione usando questi uomini. Ma aveva bisogno anche di altri uomini addestrati.
Mio nonno fu scelto perché Borglum sapeva che sarebbe stato in grado non solo di perfezionare i volti, ma anche di insegnare al resto della squadra. Mio nonno lavorava con Ugo Villa, che era incaricato di trasferire le misure dal modello al pezzo finito. Poiché Borglum andava spesso a Washington per cercare soldi per il progetto, quando non c’era, Villa era a capo del progetto. Ma, a causa di disaccordi su come scolpire la difficile pietra, Borglum lo licenziò e lo sostituì con mio nonno.
Abituati ad avere la tecnologia nel palmo della mano, non credo che oggi possiamo renderci conto di quanto sia stato incredibile quest’opera d’arte.

GIGANTI. Questa foto d’epoca dà un idea della complessità dell’opera: i visi sono alti 18 metri, gli occhi larghi ognuno tre metri, mentre i nasi presidenziali misurano ben sei metri. Nel 1936 venne completato il viso di Thomas Jefferson, l’anno dopo quello di Lincoln e nel ’39 quello del Presidente Roosevelt.
Aiutaci a capire in quali condizioni Mount Rushmore è stato effettivamente scolpito.
Mio nonno lavorava a 150 metri in aria su un’impalcatura. Aveva il sole sulla nuca, il vento faceva muovere l’impalcatura e il suo viso era bianco come un fantasma a causa della polvere. Inoltre, il trapano che usavano pesava 18 kilogrammi. Quindi, bisognava essere fisicamente forti, molto coraggiosi e molto talentuosi: e mio nonno aveva tutte queste caratteristiche.
Mio nonno fu intervistato nel 1967 da un giornale locale e parlò del fatto che mentre scolpiva da vicino un gigantesco volto di granito, il suo lavoro avrebbe dovuto apparire perfettamente proporzionato da un miglio (più di un kilometro e mezzo) di distanza. Ci sono solo altre due opere paragonabili ad esso e una è stata in realtà iniziata da Gutzon Borglum: si chiama Stone Mountain.
È un rilievo, quindi non così impegnativo come Mount Rushmore, dei leader confederali della guerra civile nel Sud: oggi è considerato molto controverso. Borglum utilizzò alcune delle tecniche adottate a Stone Mountain per costruire Mount Rushmore. C’è anche una gigantesca scultura in una montagna dell’eroe nativo americano chiamato Cavallo Pazzo, iniziata negli anni Quaranta da Korczak Ziolkowski.
Fu assunto da Borglum dopo che mio nonno decise di lasciare Mount Rushmore a causa del modo in cui era stato trattato. Ad un certo punto, Ziolkowski litigò con Borglum, smise di lavorare per lui e disse che si sarebbe vendicato intagliando una sua scultura nella montagna con l’obiettivo di far vergognare chi lavorò a Mount Rushmore. La scultura di questa montagna è ancora in corso. Ancora oggi, nonostante abbiano molti dispositivi tecnologici, utilizzano alcune delle tecniche di Mount Rushmore.
C’è un aneddoto, una storia divertente su questa incredibile impresa realizzata da tuo nonno?
Quando mio nonno arrivò a Mount Rushmore, non c’erano posti dove potesse trovare cibo italiano. Così ne mise un po’ sul sedile posteriore della sua auto e lo offrì ai nativi americani: lo adorarono. All’inizio, mio nonno aveva problemi a socializzare con gli americani che lavoravano sulla montagna. Tutti bevevano whisky, ma lui beveva vino. Era un immigrato e parlava un inglese approssimativo. Ma, grazie al cibo italiano, divenne amico dei nativi americani del Sud Dakota, che gli insegnarono anche ad andare a cavallo. Inoltre, mia nonna cucinava maccheroni e sugo per gli operai e insegnava alle loro mogli a cucinarli.

Per cortesia, racconta ai nostri lettori qualcosa sulla tua battaglia per vedere riconosciuto il lavoro di tuo nonno.
Nel 1985 fu scritto il libro più completo su Mount Rushmore: mio zio lo lesse ma si rese conto che Luigi, suo padre, non era menzionato. Come avevano potuto evitare di menzionare il capo intagliatore? Eravamo così arrabbiati per questo! Io e mio zio volevamo scoprire la verità una volta per tutte, perché mio nonno non parlava molto spesso di questo argomento.
Nel 1988 andai a Mount Rushmore e chiesi come era onorato il capo intagliatore. Mi mostrarono una targa con i nomi di tutti i 400 uomini che avevano lavorato a Mount Rushmore: quello di mio nonno era in un mare di altri nomi. Lo trovammo ingiusto; volevamo che avesse una targa tutta sua.
Andammo alla Biblioteca del Congresso a Washington DC, alla ricerca di tutte le carte di Gutzon Borglum. Mio zio scoprì che i responsabili del progetto Rushmore si lamentavano molto di lui. Borglum dovette difendere costantemente mio nonno dicendo che lui “valeva tre uomini qualsiasi in America per questo particolare tipo di lavoro”. Non capivamo il motivo di un tale odio, supponiamo che fosse legato al fatto che fosse italiano: ma è soprattutto questa caratteristica che lo rendeva così essenziale per l’opera.
Nel 1937, mio nonno decise che ne aveva abbastanza e lasciò Mount Rushmore. Ma nel 1940 Borglum gli scrisse che doveva tornare per finire Mount Rushmore, con la promessa che nessuno gli avrebbe dato fastidio. Così, per sei mesi, lavorò da solo sui volti. Io e mio zio prendemmo tutti i documenti che Borglum aveva scritto e li presentammo al personale di Mount Rushmore, dimostrando che mio nonno doveva essere riconosciuto come capo intagliatore. Nonostante questo, ci risposero che era un lavoratore come gli altri: e mi hanno continuato a dire questo per oltre 25 anni.
Quando mio zio Cesar si ammalò, prima di morire, mi chiese di porre fine a tutto questo. Poi, nel 2015, Cam Sholley fu nominato capo di tutti i parchi nazionali della regione del Midwest degli Stati Uniti. Non essendo riuscito a convincere tanti funzionari prima di lui, provai a presentare anche a lui la mia richiesta. Mi disse che avrebbe mandato due storici a casa mia a Port Chester per rianalizzare il caso e i documenti in mio possesso. Alla fine decisero di riconoscere Luigi Del Bianco e ora ha una targa tutta sua dove è riconosciuto come capo intagliatore.

DESTINO. Lou e lo scultore Keropian. Il testo sulla scultura in rilievo in bronzo realizzata, appunto, da Michael Keropian recita “Luigi Del Bianco, Chief Carver of Mt. Rushmore” ed è situata a Port Chester, NY.
È corretto dire che nessuno più di Luigi Del Bianco rappresenta e simboleggia la fantastica abilità manuale dei milioni di immigrati italiani che hanno letteralmente costruito e abbellito l’America?
Luigi Del Bianco e tanti altri scalpellini italiani non hanno mai avuto credito per le cose belle che hanno creato. Ci sono stati molti altri immigrati italiani che hanno fatto architetture o intagli incredibili e sono rimasti sconosciuti: gli unici che sono conosciuti sono i fratelli Piccirilli. Fecero delle opere di una bellezza incredibile e non ho nessuna prova che abbiano conosciuto mio nonno, ma vivevano molto vicini, quindi sono sicuro che l’abbiano fatto. Mi piace pensare che mio nonno rappresenti tutti gli anonimi artigiani italiani che non sono mai stati accreditati per la bellezza che hanno creato in America.
L’Italia riconosce o ricorda in qualche modo Luigi Del Bianco? Come possiamo aiutare?
In realtà, mi ha entusiasmato l’attenzione che l’Italia ha riservato a mio nonno, soprattutto i pordenonesi che hanno pubblicato il mio libro in italiano e hanno messo una targa a Borgo Del Bianco. Inoltre, un programma televisivo della Rai chiamato “Voyager” è venuto a casa mia, mi ha intervistato e ha realizzato un intero segmento sulla storia di mio nonno.
Non ho molti ricordi di mio nonno. Ma, da piccolo, quando avevo 6 anni, ricordo che mio nonno mi disse: “Io sono Luigi, tu sei Luigi”. Io ero il suo unico nipote, quindi c’era un legame profondo che ci univa. Mi sentivo come se mi avesse incaricato di fare qualcosa per lui. Quando ho scoperto che era capo intagliatore, ero in seconda elementare e lui era già morto: così l’ho cercato in quella montagna per tutta la vita.
L’essenza di tutto questo per me è che la storia non sempre ti racconta tutti i dettagli, anche quelli più importanti. Devi trovare da solo la verità e sono felice perché ho scoperto la verità su qualcuno che amavo.
Quando la storia non racconta tutta la storia
Da quando il giovane Lou Del Bianco, a otto anni, scopre che suo nonno Luigi è stato il capo intagliatore sul Monte Rushmore, la sua vita è cambiata. Ripercorre con suo zio Caesar la dolorosa scoperta che Luigi non è neppure menzionato nel libro più autorevole sul Rushmore. Essi, leggendo i documenti storici emersi dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, ne dimostrano, invece, la sua fondamentale importanza.
Lou dopo 25 anni consegnerà a Luigi il meritato riconoscimento. Fuori dall’ombra del Rushmore è la toccante e pregnante storia di Luigi Del Bianco e delle sue difficoltà come emigrato, in vita e dopo. Egli era nato nel 1892 in quello che si chiamava Borgo Del Bianco, nel comune di Meduno in provincia di Pordenone.

Copertina del libro “Fuori dall’ombra del Rushmore. La storia di Luigi Del Bianco” di Lou Del Bianco.
Intrigo internazionale
Il Monte Rushmore è uno dei monumenti “simbolo” degli Stati Uniti, visitato ogni anno da quasi tre milioni di persone. È uno dei primi cinque luoghi più visitati dagli americani, luogo che un buon americano “deve” vedere almeno una volta nella vita.
Utilizzato come set da numerosissimi film, quello più famoso è senza dubbio Intrigo Internazionale di Alfred Hitchcock, dove alla fine Cary Grant rimaneva appeso, con Eva Marie Saint, a fianco dell’enorme occhio di Lincoln (ma la scena venne girata in studio e i due non erano affatto “appesi” nel vuoto…).
Abbandonata l’Interstate e percorrendo la “statale” 244 est, si presenta il primo dei quattro volti scolpiti nel granito. Per conoscere la loro storia bisogna tornare al 3 marzo 1925, quando il Congresso americano approvò il progetto per la realizzazione di un “memoriale” che rappresentasse per sempre i padri fondatori degli Stati Uniti. La scelta fu quella di scolpire i volti nel granito della montagna e ai primi cinque avrebbero dovuto aggiungersi, via via, tutti i Presidenti.

CINEMA. Nel film di Hitchcock, Cary Grant rimane appeso con Eva Marie Saint a fianco dell’occhio di Lincoln.