Tra il 1876 e il 1976, più di 11 milioni di italiani hanno attraversato l’oceano Atlantico alla ricerca di lavoro e di una vita migliore. Il mare, l’Atlantico, diventa, dunque, l’inizio di molte storie di emigrazione: le traversate transcontinentali raggiunsero l’apice all’inizio del Novecento, prima della Grande Guerra con una media di 300 mila persone all’annodai quattro porti autorizzati di Genova, Napoli, Palermo e Messina. Se da un lato il viaggio si configurava come la speranza verso un futuro migliore, dall’altro rappresentava una fase di sacrificio a partire dalle condizioni della traversata a cui l’emigrato era costretto a sottomettersi.
Lo scrittore Edmondo De Amicis nel 1894 era a bordo del piroscafo Nord America diretto in Argentina insieme a altri 1600 italiani e raccontò nel romanzo “Sull’Oceano” i ventidue giorni di quel tragitto utilizzando l’immagine dell’inferno dantesco per descrivere la situazione di estremo disagio dei passeggeri sistemati in terza classe. Ma descrisse anche le aspettative di attesa con queste parole: “Un sentimento nuovo e piacevolissimo mi riempiva l’anima, che non si può provare in nessun luogo, in nessuna condizione al mondo, fuorché sopra un piroscafo che attraversi l’oceano: il sentimento d’un’assoluta libertà dello spirito. Un lungo volo senza fatica a traverso un deserto sterminato, davanti a uno spettacolo sublime, dentro un’aria purissima, verso un mondo sconosciuto, in mezzo a gente che non mi conosce”.