Del patrimonio di strutture molitorie delle rogge del fiume Stella, tra Flambro, Virco, Bertiolo, Flambruzzo e Sterpo, rimangono pochi preziosi esempi.
di MARIO SALVALAGGIO
Nella Chartula Promissionis del 24 febbraio del 1101, conservata al museo nazionale di Cividale, Acela e Ugo, madre e figlio di legge bavara, e la nuora Liuzia, di legge longobarda, donano all’amico Corrado dell’Abbazia di Sesto in Silvis dei beni così descritti “casas et massaricias et vineas et campis et pratis et MOLENDINIS et pascui et silvis, siti nel territorio di Fambrio”.
Questa è la prima citazione scritta del Toponimo Flambro e di un Mulino nella stessa area. Una seconda antica citazione sui mulini della zona è quella riportata in un atto del 1357, di Pre’ Tommaso Nicolussio (Arch. Stato Udine, Arch. Notar. Antico, b. 2160); sul “Molandinum de Ladena”, toponimo scomparso.
Dallo studio delle mappe napoleoniche, austriache, catastali e militari, nonché dalla consultazione degli antichi contratti notarili e dalle memorie orali ancora vive negli anziani della zona, abbiamo potuto fare un copioso elenco di strutture molitorie e di battiferro esistenti e operanti sulle rogge della zona dell’asta principale del fiume Stella, tra Flambro, Virco, Bertiolo, Flambruzzo e Sterpo.

MULINI. Il mulino Braida a Flambro.
A seguito però dell’insediamento selvaggio dell’industria della troticoltura, con la costruzione delle peschiere e per il disinteresse pubblico riguardo la salvaguardia degli edifici molitori esistenti, abbiamo assistito, impotenti, alla quasi totale distruzione fisica dei molini della zona, che negli anni sono stati acquistati da imprenditori locali e forestieri a cui interessava solo il diritto di derivazione delle acque, che era appannaggio dei mulini stessi. Con l’avvento delle Peschiere, gran parte dei mulini sono stati demoliti, abbandonati. Di alcuni di questi resta solo qualche rudere.
Due soli sono rimasti ancora fruibili, in maniera diversa:
– il Mulino Braida, parzialmente restaurato, e quello di Sterpo, ancora funzionante
– il Mulino Braida/Mulin di Tilio, che, prima di descriverlo così come si presentava quando era in attività e come si presenta ora, dopo l’intervento di restauro conservativo operato dalla Regione, bisogna ricordare “ad perpetuam rei memoriam” le vicende che hanno permesso di “salvarlo”.

MULINI. Immagini del mulino Braida a Flambro.
Premetterò al racconto un testo significativo, riguardante ciò di cui si parla, tratto dal Catapan della Pieve di Santa Maria Annunziata di Flambro.
«VIII October 1834. In questa epoca si sono finiti di asciugar tutti i pozzi di Flambro, eccettuato quello di piazza. Furono asciugate pure tutte le roje e fermi cinque mulini. In oggi si principiò a escavar un pozzo sulla piazza detta di Pordenone, e si lasciò aperto per più di due mesi, dal quale si andava ad attingere acqua per via di scale a mano. In tutti li paludi di Flambro non vi era una goccia di acqua, e per vederne correre doveasi andar fino alla campagna di Sterpo, di Flambruzzo, e di Ariis. All’incontro degli anni 1814, 1815, 1816, era così alta la sorgente dell’acqua, che scaturiva nei fossi della campagna di Pozzecco, ed a guisa di roja attraversava la stradalta per venire nella via di S. Giacomo, da lì a chiapolson formando così l’origine del fiume Stella. In questo frangente vi si sono veduti pescatori di Flambro, e Bertiolo andar alla pesca al di là della stradalta. Sic ad perpetuam rei memoriam».
«VIII Mayus 1835. Oggi prima rogazione fu fatta la processione per dove mai più forse si è fatta. Per la strada detta “la granda” si proseguì un mezzo miglio circa fuori della campagna di” maschis” fino al sito, che fu solita piantarsi una croce avanti a cui cantossi l’evangelio, poi si passò sotto il campo di Dreis a ponente per l’alveo della roja, e si continuò per linea retta all’insù fino al paludo della brusada e si venne fuori per la strada detta brusada. Si è fatto appunto per lasciar una memoria ai posteri del gran asciutto, e della gran bassezza d’aqua, che regnò in quest’anno, essendo cinque mulini da 9 mesi a questa epoca fermi, e senza neppure aqua a sufficienza di bere. Sic ad perpetuam rei memoriam».

MULINI. Immagini del mulino Braida a Flambro.
Appare chiaro quindi che la zona dei mulini non era adatta per la costruzione delle peschiere; gli imprenditori infatti non tennero in alcun conto il ciclo delle acque. Solo dopo aver realizzato gli impianti se ne resero conto e per prima cosa si dettero da fare per sprofondare le rogge e convogliare così più acqua da un livello più basso. Nella realtà del mulino Braida questa operazione non fu possibile in quanto diversi piccoli proprietari della palude del Mezolat non vollero vendere i loro terreni. In questo contesto voglio ricordare in particolare Zoilo Toneatto, che si oppose con tutte le sue forze a questa folle idea.
L’acqua scarseggiava per l’impianto sovradimensionato e i proprietari pensarono bene di metterlo in vendita. La locale Associazione naturalistica la Marculine sollecitò l’allora Assessore e Presidente dell’Azienda Regionale delle Foreste Alfeo Mizzau (Feo di Bean) ad acquistare terreni e fabbricati per una destinazione di fruizione pubblica.
Il cerino passò quindi all’Ente Tutela Pesca e il problema della ciclica scarsità d’acqua si ripresentò; allora anche l’Ente fece quello che è stato fatto in tutti gli impianti della zona dello Stella, cioè la terebrazione dei pozzi artesiani. A Talmassons però tale pratica era vietata dai regolamenti comunali, che vennero ignorati.

MULINI. Immagini del mulino Braida a Flambro.
Per completezza d’informazione devo evidenziare, inoltre, che nel contratto di comodato gratuito fra Regione e Ente Tutela Pesca era previsto, a carico di quest’ultimo, il recupero a proprie spese della struttura del mulino, ma niente venne recuperato e ciò nonostante la concessione fu rinnovata.
Per fortuna, nel frattempo, l’area circostante alla struttura molitoria fu riconosciuta di altissimo valore ambientale e venne individuata come Biotopo Regionale e a livello comunitario Zona Life e ZPR. Da questo conseguì quindi una maggior attenzione dell’Ente Regione e Il Mulino e gli edifici annessi vennero quindi destinati a centro visite; le strutture furono egregiamente restaurate ma l’intervento per la parte molitoria fu limitato alla conservazione e non alla piena operatività di macinazione.
Va evidenziata, in ultimo, una problematica che sta a cuore di tutti i benpensanti e cioè che dopo una spesa di svariati milioni di euro destinata agli acquisti, agli interventi di rinaturalizzazione, alla realizzazione dei percorsi di fruibilità ambientale, l’esercizio della caccia continua; gli uccelli migratori sorpassano il sito o vanno a riempire i frigoriferi di pochissimi privilegiati cacciatori e i molti visitatori rischiano ogni giorno di essere impallinati. Così va il mondo!

MULINI. Immagini del mulino Braida a Flambro.
Descrizione evolutiva del Mulino Braida/Mulin di Tilio
Gli edifici sono posti alla confluenza di due rogge che nascono appena a sud di Flambro, la prima – la Roggia dei Prati – in Pulicic e la seconda – la Roggia dei Mulini – nella bassa di Ronc. Appare chiaro l’intervento antropico sulla zona, puntuale per la realizzazione, a monte del mulino, di un bacino paludoso di contenimento e riserva delle acque – il Mezolat; in questo contesto merita memoria anche la presenza di una roggia “bassa”, fatta scorrere a fianco degli impianti, con la funzione di sfioratore per evitare l’inondazione e danni agli edifici.
Il complesso degli edifici si raggiunge dalla strada provinciale numero 7, conosciuta localmente con il nome di Piccola Levada o la Piçule, attraverso un lungo viale alberato. Vi era il mulino vero e proprio, tre edifici rustici e tre piccole residenze appartenenti alla famiglia allargata dei Magrini. La struttura molitoria, articolata su tre piani, sorge su pianta rettangolare posta longitudinalmente alla roggia da qui in poi denominata Cusana.
Al piano terra, oltre al locale dove avveniva la macinazione, vi era un vano riservato alla macchina pila-orzo a quattro pestelli di cui uno batti-canapa, e la cucina ricavata in una struttura a terrazza posta esternamente al corpo centrale. Al piano superiore dove erano poste le camere di famiglia del mugnaio, trova sistemazione anche il nuovo impianto della macina a cilindri.
Dagli anni Venti del secolo scorso i quattro pestelli e le relative pale idrauliche furono trasferiti sull’altro lato della roggia; oggi sono marciti e non più funzionanti. A fianco del corpo principale del mulino, altre tre abitazioni degli altri eredi del capostipite “Denel”. Negli edifici adiacenti il mulino vi erano le stalle e un granaio che serviva da magazzino per la conservazione dei cereali da macinare ivi trasportati da tutto il Medio Friuli, se non addirittura dalla città.

MULINI. Immagini del mulino Braida a Flambro.
La proprietà del Mulino
Come abbiamo già precedentemente evidenziato il mulino ha origini antichissime, certamente nella disponibilità della famiglia dei Conti Savorgnani, come attestano antichi atti notarili. L’attuale strutturazione è frutto degli interventi costruttivi settecenteschi, rimaneggiati poi nel XIX secolo; nel 1811 i sommarioni napoleonici evidenziano l’attività di quattro ruote d’acqua e quattro piste. In questo periodo la proprietà è in capo alla famiglia Braida, in particolare, Bartolomeo, Sebastiano, Prete Pietro (canonico del Capitolo di Udine) e Prete Giuseppe fu Tommaso.
Nel 1851 la stessa famiglia Braida disponeva nell’area, oltre al mulino, della proprietà di una superficie di 2054 pertiche, che passò alla morte della nobile Teresa ai figli Giovanni, Sebastiano, Pisana, Maria Antonia, Luigia, Scarlettari(s). Dal 1850 le strutture entrano nella titolarità di Daniele (Denel) Magrini, mugnaio, nato a Ariis nel 1833, già socio, con il fratello Antonio (Toni) del Mulino di Flambruzzo o disot, sempre sulla Roggia Cusana.
Alla morte di questi, la proprietà passa in eredità al figlio Eugenio (Gjenio), il quale, dopo un periodo di emigrazione in America, con i risparmi colà realizzati innova la struttura molitoria con l’acquisto di un mulino a cilindri per produrre farine di miglior qualità; elimina, nel contempo, una delle macine a palmenti. Eugenio, non ha eredi in linea diretta e chiama il nipote Attilio Magrino (Tilio) ad assisterlo e a gestire il mulino; questi, dopo la morte dello zio, lo compra, con una finta vendita, dalla zia Luigia Di Prato. Attilio e il figlio Guido furono gli ultimi Magrin a gestire il mulino; diminuendo il lavoro si dedicarono, da autodidatti, all’attività artigiana di armaioli, ottenendo prestigiosi risultati e chiara fama in tutto il Friuli.
Nel 1969 il progresso agricolo aveva raggiunto un tale sviluppo che la macinazione dei cereali veniva fatta direttamente nelle aziende agricole. Le acque dei mulini facevano gola agli allevatori di trote e così anche la famiglia di Attilio cedette, vendendo ai Salvador la concessione di derivazione e l’immobile di proprietà. Cessò così la millenaria attività molitoria lungo le rogge di Flambro e vennero costruite le peschiere che “stravolsero” anche questo ultimo lembo di Paradiso terrestre. Poi, come abbiamo già fatto cenno, l’ultimo passaggio di proprietà, quello alla Regione Friuli Venezia Giulia (Azienda delle Foreste), che la diede in comodato all’Ente Tutela Pesca.
Dopo diversi anni di abbandono totale degli immobili la Regione dette avvio a quella che fu un’ottima ristrutturazione globale, purtroppo solo conservativa degli impianti molitori; in ultimo, recentemente, la Regione Friuli Venezia Giulia trasferì l’uso dei locali, sempre in forma di comodato gratuito, al Comune di Talmassons. Le migliaia di visitatori del Biotopo, del mulino e le Associazioni Naturalistiche che collaborano alla fruizione delle strutture, sperano in un nuovo forte impegno degli Enti pubblici preposti affinché si giunga a una valorizzazione completa e definitiva dei pregevolissimi valori naturalistici e ambientalistici del territorio, mediante l’istituzione di una Riserva Naturalistica Regionale.

MULINI. Il Mulino di Adegliacco, antica struttura risalente al 14° secolo, è ora un rinnovato centro didattico dell’Immaginario Scientifico.
Il Mulino di Sterpo – Mulino Colloredo – Mulino Virgili
Per la descrizione storica e strutturale di questo Mulino ci avvarremo del pregevolissimo lavoro fatto da un caro amico, il fotografo Albano Quaiattini di Pasian di Prato, che ha partecipato con una accurata documentazione fotografica alla pubblicazione del volume Ruote d’acqua per farina, edito dalla Cooperativa Utopie Concrete di Venzone; Enti promotori sono stati la Regione Friuli V. G. e il Centro di Catalogazione di Villa Manin di Passariano, con i testi di Aldo Colonello, Gianfranco Ellero, Gianfranco Scialino, Riccardo Rossi.
Il Mulino di Sterpo, ora Mulino Virgili, fu acquistato da questa famiglia omonima nel 1959 da Margherita Tonello ed è l’unico rimasto funzionante tra quelli sulle varie rogge che scaturiscono dalle risorgive a sud di Flambro-Virco-Bertiolo, in questo caso la Platiscje, che proprio a valle dell’abitato di Sterpo danno struttura definitiva all’asta del fiume Stella.
Il complesso molitorio sorge nella parte più a sud dell’abitato di Sterpo, lungo la Roggia Platisce, in un contesto di assoluta rilevanza ambientale rappresentato da uno degli ultimi relitti di bosco planiziale ancora esistenti nella Bassa Friulana. Di dimensioni ridotte, si differenzia notevolmente dagli altri opifici idraulici che hanno operato sui rami sorgentiferi dello Stella: presenta infatti una tipologia più antica essendo costituito da due edifici situati sulle rive opposte del corso d’acqua.
Quello localizzato sulla destra idrografica consta di due elementi: il volume a monte si eleva su due piani, il corpo adiacente posto a valle è ad un piano. Le poche aperture presenti hanno subito varie alterazioni e sono prive di caratteristiche particolari, quelle al piano terra sono state chiuse con manufatti forati in cemento. Il piccolo fabbricato insediato sull’altra sponda è adibito a deposito ed è collegato direttamente al primo attraverso una passerella in legno pure utilizzata per la manutenzione delle pale idrauliche esterne.
Il mulino è stato sottoposto negli anni Cinquanta ad interventi di ristrutturazione e alla sostituzione delle attrezzature molitorie ormai obsolete. Ancora in attività, dispone di due coppie di palmenti e di un cilindro, a cui si aggiungono i pestelli.
Durante la dominazione veneziana l’edificio era di proprietà della famiglia Colloredo a cui apparteneva l’intero paese di Sterpo (per questo è ancora conosciuto come Mulino Colloredo). La gran parte dei beni posseduti dai Colloredo sono oggi passati nelle mani della famiglia Venier, residente nella villa che chiude a nord l’abitato.
In un documento del 1335, relativo ai beni dotali di una nipote del Patriarca Pagano situati in Sterpet (l’odierna Sterpo), vi era pure un mulino “de fer” (probabilmente un maglio). Del mulino in questione si ha notizia a partire dal 1495 quando Albertin Colloredo feudatario di Sterpo richiese ai consorti di Mels “…due molle de guzzar… et una grande alquanto de aqua, zoè, che volemo metter appresso un nostro mollin a Sterp…” (ASPG., fondo investiture e privilegi, 1495).
Nel 1723 l’edificio era adibito anche a battiferro (ASU, Archivio famiglia Colloredo Mels, b. 60, f. 306). All’inizio dell’Ottocento proprietario dell’impianto era “Colloredo Giacomo fu Fabio” (ASV, Registri catastali dei Sommarioni Napoleonici, 1810), a cui subentrò “Colloredo Conte Ferdinando fu Girolamo” (la fonte è il Catastino Austriaco, 1843-1847, dove il mulino di Sterpo è indicato come “mulino da grano ad acqua con casa e pista d’orzo ad acqua”).
Falcioni nella sua rilevazione dei mulini da grano della provincia di Udine effettuata nel 1876 attribuisce al “Mulino Colloredo” tre palmenti per granoturco e uno per grani esente da tasse. Le caratteristiche tecniche della struttura erano le seguenti: pale curve di fianco, portata della roggia 1600 litri, caduta dell’acqua 1, 95 metri, forza teorica pari a 41, 60 cavalli-vapore.

MULINI. Il Mulino situato in località Pradiel, del comune di Tramonti di Sopra.

MULINI. Il Mulino di Stalis, Sesto al Reghena.

MULINI. Il mulino “Nobile” oggi è ormai quasi un rudere con una sola ruota; è situato nell’antica via dei Molini a Manzano.
Lungo le rogge alla ricerca dei mulini perduti
Dei tanti edifici che hanno ospitato i mulini sono rimasti i nomi e qualche volta dei ruderi; noi li ricordiamo, di seguito, in un elenco che li individua e li riporta con i diversi nomi che emergono dalle mappe e dai contratti notarili dei vari periodi.

MAPPA. Le rogge e i mulini a sud di Bertiolo-Virco-Flambro.
A sud di Flambro, sulla Roggia della Cusana – Roe Cusane – Roggia dei Pradi – Roggia dei Mulini (a):
A1. Mulino Savorgnan – Molin di Flambro – Mulino Braida – Mulino Magrini – Mulin di Gjenio – Mulin di Tilio;
A2. Molino di Flambro – Mulino Zoratto – Mulin di Toni (Magrin) – Mulin di Riche (moglie di Toni Magrin) – Molino
Santin.
A sud di Virco, sulla Roggia di Virco – Roja de Virco – Roe di Vuerc – Asta principale del Fiume Stella (b):
B1. Molin Franz – Mulin di Checo (Magrin) – Molino Mantoano – Mulino Pistola;
B2. Mulino di Mezzo- Mulin di Meni – Mulin di Meneuç (Grosso) – Mulino Ponte – Mulino del Ponte;
B3. Mulino Guatto D’Orlando detto della Siega – Mulino D’Orlando – Mulino Vau – Mulino dal Mos – Mulin dal Rôl;
B4. Molino disfatti – Molino perso;
B5. Il Batefiar;
B6. Mulino di Paglia – Molin Nuovo – Mulin di Cecut – Mulino Collavini.
A sud di Bertiolo, sulla Roggia Plariscje – Plerische (c):
C1. Mulin di Bertiul – Mulino dei Guatti – Mulino Pordenon
C2. Mulin di Cicut/Cicutto/Cecutto, sive Battiferro
A Sterpo, sulla Roggia Plariscje (c):
D1. Mulino Colloredo – Mulin di Sterp – Mulino Virgili