Ulisse, Dante, Svevo, nel peregrinare dei loro personaggi proiettano il nostro mondo interiore nella realtà.
di LIA SILVIA GREGORETTI
Sostiene Claudio Magris che “non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi. Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà, un’individualità, le danno forma, salvandola così dall’istinto – ma senza idolatrarle, senza farne idoli che esigano sacrifici di sangue. Saperle flessibili, provvisorie e periture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; mortali, nel senso di soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa di morte, come lo sono state e lo sono tante volte. Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte.”
L’estate è il tempo della vacanza. Etimologicamente si intende che i posti da noi frequentati come la casa, l’ufficio, resteranno vacanti. Almeno fino al nostro ritorno. Estate è il tempo dei viaggi. Molti di noi partono per un viaggio, per poi tornare. È con questo spirito rassicurato che si parte: con la certezza di ritornare al sicuro tra le pareti domestiche, prima o poi. Un’escursione più o meno lontano, abitudini quotidiane diverse, e poi il rientro alla normalità.

ANTONELLA DELBIANCO. La canzone Summertime ha segnato un periodo ancora vivo in me della mia gioventù. Ho scelto di usare la faesite per questo dipinto, in modo da evidenziarlo.
Forse nella nostra epoca questo spostamento spaziale ha guadagnato in sicurezza e smarrito un po’ del senso di avventura, lo sanno i villaggi turistici che ripropongono un’idea di familiarità a migliaia di chilometri da casa. Eppure si continua a partire, anche se il mondo è già stato tutto scoperto, o quasi. Si parte perché l’uomo è nomade, nella sua essenza primigenia. Centinaia di migliaia di anni di peregrinazioni in cerca di cibo hanno lasciato la traccia nel nostro DNA, e non sono bastati diecimila anni di stanzialità – tanti ne sono passati da quando l’uomo ha iniziato a dedicarsi all’agricoltura – a farci perdere il senso del viaggio, il bisogno di spostarsi, di esplorare, di scoprire.
Nuovi colori, nuovi odori, nuovi sapori: al cervello piace scoprire cose nuove. Grazie alle neuroscienze si è scoperto che anche la ricerca e l’ottenimento di nuove informazioni attiva le aree cerebrali preposte alla ricompensa, quelle stesse che si attivano quando si mangia o si assumono droghe rilasciando dopamina. È probabilmente un meccanismo di cui la natura ha bisogno per la sopravvivenza della specie: un uomo curioso amplia il proprio territorio, acquisisce conoscenze utili a tutta la sua tribù, indaga, cresce. Certo, assumendosi notevoli rischi. Il diventare stanziale, il dedicarsi all’agricoltura piuttosto che alla caccia ha ridotto tali rischi, cambiamento che si è sedimentato nel corso dei millenni: oggi è decisamente più difficile farsi sbranare da una tigre e molto più facile perdere la salute a causa della sedentarietà.

ANTONELLA DELBIANCO. Artista dell’Isontino, figlia del compianto disegnatore e fumettista Alberto Delbianco, Antonella si sta imponendo all’attenzione per le proprie qualità artistiche frutto di anni di preparazione e di un’esperienza ormai consolidata in annni di esposizioni. Tratti, colori, temi e tecniche espressive distinguono la sua personalità artistica. Fra le sue esperienze di valore anche un’importante attività di formazione ed educazione artistica dei giovani e gli importanti riconoscimenti conseguiti. Ha realizzato nel mese di giugno 2021 un’apprezzata personale alla Galleria Antiche Mura di Monfalcone intitolata Volti e visioni, nella quale ha presentato una selezione delle sue opere più significative dedicate alla rappresentazione di personaggi di varie realtà, al tema dei diritti civili e dell’Africa e al paesaggio, che hanno riscosso molto successo.
Queste due tipologie, cacciatore e agricoltore, vengono magistralmente messe in scena nella Bibbia, fin dalla Genesi, quando l’agricoltore Caino uccide il fratello cacciatore Abele, a simboleggiare il nuovo paradigma che sostituisce il vecchio, e Dio lo maledice: “Forse a Dio non piace chi mette radici” è l’ipotesi dello scrittore argentino Alberto Managuel. Certo la Bibbia è un libro di viaggi: da Mosè che si trascina dietro il popolo ebraico attraverso il deserto, a Gesù che non sta mai fermo. Per non parlare dei viaggiatori più noti: Ulisse peregrina lungamente attraverso sfide e pericoli, prima di rivedere Itaca, Dante viaggia all’interno dell’inconscio collettivo, Svevo fa viaggiare il povero Zeno Tutini dentro di sé. Perché alla fine il mito ermetico è lo stesso, come in alto così in basso: proiettiamo il nostro mondo interiore nella realtà.

Sostiene Claudio Magris che “molte cose cadono, quando si viaggia; certezze, valori, sentimenti, aspettative che si perdono per strada – la strada è una dura, ma anche buona maestra. Altre cose, altri valori e sentimenti si trovano, s’incontrano, si raccattano per via. Come viaggiare, pure scrivere significa smontare, riassestare, ricombinare; si viaggia nella realtà come in un teatro di prosa, spostando le quinte, aprendo nuovi passaggi, perdendosi in vicoli ciechi e bloccandosi davanti a false porte disegnate sul muro.”
Claudio Magris, L’infinito viaggiare: un consiglio di lettura per comprendere al meglio il proprio modo di stare nel mondo e il proprio modo di osservare.
«Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un‘altra.»





ANTONELLA DELBIANCO. Opere di Antonella Delbianco esposte alla mostra Volti e visioni, alla Galleria Antiche Mura di Monfalcone.