Capolavori artistici prodigiosi, testimonianza di una formidabile esperienza storica iniziata nell’anno 568.
di GIORGIO PACOR
A Cividale del Friuli, Alboino diede vita al primo ducato longobardo. Dopo la conquista della penisola, la cittadina divenne un caposaldo del Regno, patria di importanti duchi destinati a diventare sovrani, come Astolfo e Ratchis, e del duca di Benevento e futuro re Grimoaldo. Nativo di Cividale era anche Paolo Diacono.
L’importanza di Cividale nel medioevo è corroborata dal fatto che fu una delle sedi del Patriarcato di Aquileia, per alcuni secoli il più grande principato ecclesiastico d’Europa. In Friuli, testimonianze longobarde, oltre che a Cividale si sono trovate a Sesto al Reghena, Tramonti di Sotto, Artegna, Pradamano, Romans d’Isonzo, Pulfero e Aquileia.
A Cividale, il Museo Archeologico Nazionale, ospitato dal 1990 nel cinquecentesco palazzo dei Provveditori Veneti, conserva, oltre alla cosiddetta “Tomba di Gilulfo”, un’ampia collezione di oggetti provenienti dalle necropoli cividalesi e friulane. Il Tempietto Longobardo, Patrimonio UNESCO, fu costruito a strapiombo sulla riva del Fiume e fa parte del complesso monastico di Santa Maria in Valle, destinato a ospitare le figlie non maritate della nobiltà longobarda locale.

IL TEMPIETTO DI CIVIDALE DEL FRIULI. Il tempietto, assieme a sette monumenti-simbolo della presenza longobarda, è entrato nella lista ufficiale del Patrimonio dell’Umanità Unesco. I Longobardi, popolo di origine germanica proveniente dall’Europa settentrionale, dopo aver disceso il continente occuparono la penisola tra il 568 e il 774, creando un regno barbarico che si sviluppò dal Friuli e dalle Alpi sino a Benevento e alla Puglia. L’età del dominio longobardo in Italia costituì un fondamentale momento di transizione tra il mondo classico e quello medievale, che sta alla base dei successivi sviluppi della civiltà europea. Pur conservando la propria identità tradizionale, i Longobardi nell’arte, nella cultura scritta e nel diritto, recuperarono, continuarono e rinnovarono le forme dell’antico, caricandole di nuovi significati e di una forte componente innovativa. L’assimilazione della cultura architettonica e decorativa romana e bizantina, tradotta in un nuovo linguaggio, dette luogo tra la fine del VII e l’VIII sec. ad una fioritura artistica che si diffuse dalle corti urbane ad una larga parte della penisola.
Tra il 749 e il 756 re Astolfo, ex duca del Friuli, commissionò insieme alla moglie Ghiseltrude il Tempietto come cappella palatina della corte regia, a scopi autocelebrativi. Allo stesso arco cronologico appartengono gli altri due capolavori assoluti dell’arte scultorea longobarda presenti a Cividale: il battistero di Callisto e l’altare di Ratchis, attualmente esposti nel Museo Cristiano e Tesoro del Duomo.
Lo spettacolare altare di Ratchis è un capolavoro della rinascenza del secolo VIII che portò a compimento il “miracolo” della sintesi tra motivi e temi di ispirazione paleocristiana e bizantina, riletti alla luce della sensibilità tipica del mondo barbarico. Il manufatto fu commissionato da Ratchis prima di diventare sovrano (cosa che avvenne nel 744).

L’ALTARE DEL DUCA RATCHIS. Una delle più importanti opere scultoree della Rinascenza liutprandea ed è conservato nel Museo Cristiano di Cividale del Friuli. È datato tra il 737 e il 744, periodo in cui il longobardo Ratchis fu duca del Friuli. Composto da quattro lastre di marmo di Aurisina, presenta alla sommità un’epigrafe latina e sui quattro lati vari soggetti religiosi: la Visita di Maria Vergine alla cugina Elisabetta, detta anche semplicemente Visitazione; Cristo in maestà entro una mandorla sorretta da quattro angeli; l’Adorazione dei Magi. Sulla superficie del prospetto frontale sono rintracciabili significativi residui di pigmenti alterati. Le figure scolpite si presentano bidimensionali e si staccano nettamente dal piano di fondo, quasi un disegno a rilievo.
Sesto al Reghena conobbe un significativo sviluppo con la dominazione longobarda, epoca alla quale risale l’abbazia di Santa Maria in Silvis. Fondata da tre nobili longobardi, Erfo, Marco e Anto, insieme alla madre Piltrude, fu distrutta dagli Ungari dell’899 e ricostruita tra il 960 e il 965 dall’abate Adalberto II. Dell’epoca longobarda rimangono i resti della primitiva chiesa, il cui perimetro è ben visibile nel terreno esterno e nell’urna di Sant’Anastasia, che è conservata nella cripta.
A Tramonti di Sotto c’è una delle poche necropoli longobarde visitabili. Ad Artegna, il castello è ricordato da Paolo Diacono. Necropoli sono state rinvenute a Pradamano e a Romans d’Isonzo. A Pulfero c’è la grotta di San Giovanni d’Antro. Vi si accede dopo cento scalini. Nell’VIII secolo era adibita a luogo di culto come ai giorni nostri. Ed infine nella basilica di Aquileia troviamo plutei in marmo con simboli cristiani dell’VIII secolo.
La civiltà longobarda
dall’eresia ariana al cattolicesimo
Un fondamentale volume aiuta a orientarsi nella realtà dei longobardi. Il titolo è I Longobardi. Un popolo alle radici della nostra storia ed è stato scritto da una delle maggiori studiose in questo campo, Elena Percivaldi.
Nonostante negli ultimi anni le conoscenze si siano arricchite grazie a molte scoperte archeologiche, i Longobardi rappresentano un’entità ancora sfuggente. Le fonti antiche che parlano di loro sono scarse e quando lo fanno si richiamano al mito e alla leggenda; d’altra parte, gli stessi ritrovamenti che li riguardano, specie i corredi funebri, pongono sul banco numerosi problemi interpretativi, tanto da aver indotto alcuni studiosi a negare con forza la possibilità di poterli utilizzare come “marcatori etnici”.
Nel libro la storia dei Longobardi viene approfondita nelle varie fasi, dal 568, anno in cui Alboino li guidò in Italia, al 774, quando il Regno fu vinto e conquistato da Carlo Magno.
Una serie di personalità non comuni segnarono il corso della loro storia longobarda in Italia. L’azione di Teodolinda e Agilulfo fu, all’inizio del VII secolo, cruciale per il consolidamento del Regno. Il pio Liutprando rappresentò, sul piano culturale e artistico, l’apogeo della vicenda longobarda in Italia: non a caso Paolo Diacono avrebbe scelto di concludere con la dipartita del sovrano la sua monumentale “Historia Langobardorum”, l’opera con la quale consegnò ai posteri la straordinaria epopea del suo popolo.
I Longobardi seppero “mettersi in discussione” e trasformarsi pian piano assimilando gli elementi della tradizione romano-bizantina e i valori “nuovi” del Cristianesimo, integrando il tutto con i valori pagani e tribali di cui erano portatori.

L’EREDITÀ ARTISTICA E CULTURALE. Teodolinda, affresco degli Zavattari, Monza. Purtroppo dei tanti edifici costruiti in epoca longobarda è rimasto ben poco. Molto, specie in ambito civile, è andato distrutto o ha subito nei secoli trasformazioni tali da renderne irriconoscibile l’aspetto originario. I monumenti più significativi sono i sette che, il 25 giugno 2011, sono entrati nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO come parte seriale I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.): il Tempietto Longobardo di Cividale del Friuli, il complesso monastico di San Salvatore-Santa Giulia a Brescia, il castrum di Castelseprio-Torba (Varese), il Tempietto del Clitunno a Campello e la Basilica di San Salvatore a Spoleto (Perugia), la Chiesa di Santa Sofia a Benevento e il Santuario Garganico di San Michele a Monte Sant’Angelo (Foggia). Si tratta di sette luoghi-simbolo che rispecchiano l’universalità della cultura longobarda nel momento della sua massima espressione.