di MARIA BEATRICE RIZZO
Quello del 23 giugno 1946 fu un accordo tra due paesi allo stremo: l’Italia, che da una parte metteva a disposizione duemila uomini la settimana, destinandoli all’estrazione del carbone, ed il Belgio, che doveva a tutti i costi far fruttare il proprio patrimonio, le miniere. Furono così centoquarantamila i lavoratori italiani che, tra il 1946 ed il 1957, si trasferirono come minatori in Belgio, grazie all’intesa firmata da Geoffrey Aspromont-Linden ed il Conte Secco Suardo, un accordo di seguito ribattezzato “uomini contro carbone”: i corregionali giuliani e friulani, tra i più numerosi, emigrarono dopo essere tornati come soldati sopravvissuti, talvolta a due guerre, accettando condizioni contrattuali disagevoli, impossibilitati a rientrare non prima di cinque anni, per non dover rinunciare al posto di lavoro.
A delineare il quadro dell’esperienza belga Ferruccio Clavora, trasferitosi con la madre a soli nove mesi per seguire il padre minatore, già rappresentante della Democrazia Cristiana italiana in Belgio, che ha raccontato come l’Europa si stesse formando su di un “enorme equivoco. Non fu l’accordo del ’58 a fondarla, ma fu la somma di tutti i trattati che l’Italia ha sottoscritto con altrettanti paesi europei, anche prima dell’accordo con il Belgio” ha spiegato, “non si tratta delle belle idee di Ventotene” o, ancora, “dei discorsi di De Gasperi: i trattati fondanti del’UE sono questi accordi commerciali per i quali il nostro paese vendeva i suoi cittadini per avere in cambio quella energia che gli era indispensabile per ricostruirsi”.

ANNIVERSARIO. Un momento dell’incontro del 23 giugno organizzato dall’associazione Clape nel Mondo.
Fu negli atri delle chiese, dei bar, dei luoghi pubblici dei nostri paesi, specie nei piccoli centri periferici che l’accordo “uomini contro carbone” funzionò, tanti friulani e giuliani raccolsero l’invito: si cercavano giovani sino a 35 anni d’età, con la promessa di contratti di lavoro allettanti, che tali non si rivelarono in realtà, e che prevedevano di rimanere in miniera per 5 anni, con l’obbligo tassativo – pena l’arresto – di farne almeno uno.
Le condizioni del lavoro nelle miniere cambiarono con la tragedia di Marcinelle dell’8 agosto 1956, nella quale 65 anni fa, persero la vita 262 persone, delle 275 presenti, di cui 136 italiani, diversi dei quali originari dalla nostra regione. Al momento della tragedia, la popolazione mineraria italiana era quella di una cittadina di media grandezza: 45.519 lavoratori, divisi per i cinque distretti minerari, rappresentando quasi la metà della manodopera delle miniere.

RECLUTAMENTO. Uno dei manifesti di propaganda rivolto ai lavoratori italiani da parte della Federazione Carbonifera belga. Per il migrante, il rapporto con le istituzioni passa quasi esclusivamente dall’impersonale macchina del reclutamento allestita dai governi italiano e belga. Comincia dai comizi tenuti da ingegneri o reclutatori, o dai celebri manifesti rosa affissi dalla Fédéchar, sui muri delle camere del lavoro, degli uffici di collocamento, delle parrocchie. In una società dove l’impatto delle affissioni murarie è forte, l’elenco di benefici sconosciuti suscita rapide illusioni e occulta la realtà delle condizioni di lavoro in miniere obsolete e pericolose.
Da quell’esperienza, il legame con le migliaia di italiani di origine friulana e giuliana e dei loro discendenti presenti in Belgio si consolidò e mantenne profonde radici, radici per le quali, come spiegato da Ferruccio Clavora, si è lottato: “crescendo, pochi di noi hanno cominciato a frequentare l’università in Belgio” ha raccontato, ma quei pochi presero coscienza “che i problemi del paese in cui vivevamo erano anche i nostri. Chiedemmo partecipazione politica”.
L’indicazione italiana, però, andava in una diversa direzione, “vanno bene folklore e nostalgia” ha continuato Clavora, “ma guai a fare politica ci dicevano. Costituimmo così il circolo studentesco italiano, formato da ragazzi e ragazze che si sono impegnati per promuovere e trasformare la tendenza delle associazioni a ignorare i problemi politici della nazione in cui vivevano ma, soprattutto, quelli della patria”.
“Creammo spirito d’appartenenza, una tribù globale”, ma il quesito, soprattutto per gli emigrati di seconda generazione rimaneva “cos’era l’Italia? Cosa conoscevamo noi di quell’Italia? Ci venivamo in vacanza in estate, ma ci hanno creato un dubbio. In realtà, oltre a chi siamo, cosa possiamo fare? Dobbiamo diventare dei petits belges? O era meglio imparare dalla nonna la ricetta della Gubana, anche se cucinata a Bruxelles? Lo abbiamo inventato noi il concetto di multiculturalità” ha esordito Ferruccio Clavora, che torna sull’immagine di “tribù globale” rimarcando l’importanza di questa ricorrenza, che collega il sacrificio alle persone “che hanno estratto il carbone per consentire anche alle imprese italiane di rilanciarsi, e che non possono accontentarsi della pacca sulla spalla o del ricordo. Qualcuno 75 anni fa ci ha lasciato le penne in quei buchi”.



ANNIVERSARIO. Momenti dell’incontro del 23 giugno organizzato dall’associazione Clape nel Mondo per ricordare i 75 anni dalla firma dell’accordo italo-belga del 1946. In alto Renato Chiarotto e Mario Salvalaggio con Ferruccio Clavora mentre porta la sua testimonianza. Sotto, un’immagine della sala all’hotel Savoia Excelsior di Trieste.
La valorizzazione dei dialetti veneti
parlati in Friuli Venezia Giulia
“La Regione sostiene le iniziative per la valorizzazione dei dialetti veneti parlati in Friuli Venezia Giulia attraverso un bando con una dotazione economica di 50 mila euro, al quale potranno partecipare realtà private senza fine di lucro e cooperative che svolgono attività culturali o artistiche operanti nei settori della prosa, della musica o della danza. In questo modo tuteliamo una parte importante del caleidoscopico connubio di culture e tradizioni diverse che caratterizza la nostra regione.”
Lo ha annunciato l’assessore regionale alle Lingue minoritarie, Pierpaolo Roberti, dopo l’approvazione da parte della Giunta della bozza del “Bando per interventi riguardanti la valorizzazione dei dialetti di origine veneta parlati nella regione Friuli Venezia Giulia indicati dalla Legge Regionale 17 febbraio 2010, n. 5”. Le attività finanziabili riguardano in particolare i settori ‘Studi e ricerche’ e ‘Attività culturali e spettacolo’.

L’assessore regionale alle Autonomie locali e all’Emigrazione Pierpaolo Roberti. Foto Regione Fvg.
Per quanto concerne il primo: lo studio e la ricerca storica e demo-etno-antropologica; l’organizzazione di seminari e convegni; la raccolta e la conservazione del patrimonio culturale e dialettale; la redazione e pubblicazione di repertori dialettali e altri documenti riguardanti il Friuli Venezia Giulia.
Per le ‘Attività culturali e spettacolo’ il bando sostiene: le iniziative editoriali, discografiche, audiovisive, multimediali ed espositive; la produzione e distribuzione di spettacoli musicali e teatrali; festival e manifestazioni culturali, teatrali e musicali; la promozione delle tradizioni folcloristiche e popolari regionali.
Secondo quanto previsto dal bando, il finanziamento minimo concesso è di 2.500 euro e può raggiungere un massimo di 5.000 euro, se l’intervento è oggetto di una domanda singola, e di 15.000 euro se è realizzato nell’ambito di un rapporto di partenariato. Attraverso il bando sarà possibile coprire fino al 100% delle spese ammissibili, ma i finanziamenti non potranno superare il fabbisogno di finanziamento, ovvero la differenza tra i costi e le entrate complessive dell’iniziativa.
La domanda di finanziamento può essere presentata da persone giuridiche private senza finalità di lucro o con obbligo statutario di reinvestire gli utili e gli avanzi di gestione nello svolgimento delle attività previste nell’oggetto sociale, oppure società cooperative che per statuto svolgono attività esclusivamente o prevalentemente culturali o artistiche operanti nei settori della prosa, della musica o della danza.
Omaggio ad Alida Valli
talento straordinario
L’Unione degli Istriani ha finanziato un docufilm dedicato alla vita dell’attrice Alida Valli, per permettere a quella parte di pubblico che ignora le vicende dell’esodo istriano, fiumano e dalmata di conoscere un passaggio importante della storia italiana del ’90.
Il film documentario Alida mostra un quadro completo, e mai visto prima, della vita di una giovane e bellissima ragazza di Pola, appunto Alida Valli, che diventò in breve tempo una delle attrici più famose e amate del cinema italiano e internazionale.
È stato uno dei pochissimi documentari internazionali ad essere selezionato ufficialmente in Cannes Classics 2020, la prestigiosa sezione del Festival di Cannes dedicata ai racconti sul Cinema, con la seguente motivazione: “Il regista Mimmo Verdesca dipinge con grande delicatezza e grande affetto il ritratto di un’attrice italiana dal destino e dal talento straordinari: Alida Valli.”
Alida era nata a Pola il 31 maggio del 1921 in una famiglia aristocratica (i von Altenburger) dove musica e cultura erano di casa: la madre era pianista e il padre professore di filosofia e critico musicale.
In anteprima mondiale alla 15ª edizione della Festa del Cinema di Roma (sezione Omaggi) e tra i finalisti ai Nastri d’Argento 2021 come “Miglior documentario sul cinema”, Alida è dal 17 Maggio nelle sale cinematografiche, distribuito da Venicefilm.
Alida Valli è stata una delle attrici più celebri e amate del cinema e del teatro del ‘900. Una vera leggenda. Ha lavorato in tutto il mondo con registi del calibro di Visconti, Hitchcock, Welles, Antonioni, Pasolini, Bertolucci, Argento, Vadim, Chabrol e tanti altri, in una luminosa carriera lunga 70 anni.
Mimmo Verdesca, regista vincitore di due Nastri d’Argento per i suoi precedenti documentari sul cinema, In arte Lilia Silvi e Sciuscià 70, racconta per la prima volta la straordinaria vita di Alida Valli, attraverso le parole inedite delle sue lettere e dei suoi diari, che rivivono grazie alla voce di Giovanna Mezzogiorno, con tanto materiale d’archivio pubblico e privato mai visto prima.
Impreziosiscono il racconto le esclusive testimonianze di Roberto Benigni, Bernardo Bertolucci, Charlotte Rampling, Vanessa Redgrave, Dario Argento, Piero Tosi, Marco Tullio Giordana, Thierry Frémaux, Felice Laudadio, Margarethe von Trotta, Pierpaolo e Larry De Mejo e di altri illustri protagonisti del cinema e del teatro italiano e internazionale.