L’esposizione “Le Città Murate nel segno di Dante” a Monfalcone ha messo in luce i caratteri identitari indispensabili per una miglior comprensione storica del periodo fra Patrarcato e Serenissima.
di RADA ORESCANIN
Presumibilmente, fra il 1218 ed il 1223, il patriarca Bertoldo di Andechs-Merania da Cividale, scossa da un terremoto, sposta la sua residenza nel Castello di Udine e, per dare al luogo in cui abita un maggior prestigio, istituisce un mercato settimanale esente da gabelle, cosicché da ogni dove vi accorrono operatori economici per produrre e commerciare con concreti vantaggi sulla concorrenza. Dalla concessione di privilegio, datata 13 settembre 1223, in meno di due decenni Udine aumenta il numero dei suoi abitanti, tanto che lo stesso Bertoldo nel 1248, l’11 marzo, le concede i diritti di città, dispensando dal pagamento delle imposte dirette tutti gli abitanti del mercato di Udine.
Sempre Bertoldo, per dare al mercato una struttura più stabile, favorisce la costruzione di una serie di case-bottega, in modo che commercianti ed artigiani abbiano a stabilirsi definitivamente in Udine. Coloro che abitano al di qua del vecchio fossato ed entro la terza cerchia di mura che Raimondo Della Torre farà completare, abitanti del Borgo, verranno distinti dai nobili che se ne stanno al di sopra del fossato. L’ultima cerchia di Udine, voluta dal patriarca Pagano della Torre, probabile ospite di Dante, aveva 13 porte ciascuna delle quali prendeva il nome dal borgo su cui si apriva.
L’identità di un territorio è fatta anche dalla conoscenza della sua storia e delle sue radici e l’esposizione realizzata a Monfalcone su “Le Città Murate nel segno di Dante”, consente di esplorare il carattere della antiche città fortificate della regione attraverso il materiale archeologico che, spesso solo in anni recenti, ha consentito di ricostruire elementi di vita cittadina come nel caso degli scavi monfalconesi durante la riqualificazione del palazzo municipale. Uno spaccato importante nella mostra riguarda la città di Udine, per il ricco e preziosissimo gruppo di materiali in prestito dal Civico Museo Archeologico e per i saggi illustrativi del pregevole catalogo di Angela Borzacconi e di Roberta Costantini, che approfondiscono le diverse tipologie di reperti ritrovati nello scavo di Piazza Venerio ad Udine nel 1989 e che aiutano a comprendere le abitudini di vita dell’antico Palazzo Savorgnan e che ben si possono raffrontare con i materiali di ceramica da mensa ritrovati nello scavo del Municipio a Monfalcone.

SAVORGNAN. Stemma Savorgnan “dello Scaglione” sulla copertina del Rotolo delle intrade de Buia et vilaggi, disegno a inchiostro e acquerellato su pergamena, anno 1587. Udine, Archivio di Stato, Archivio Savorgnan. Immagini dal catalogo “Le Città Murate nel segno di Dante”.
I Savorgnan sono stati esponenti importanti della storia friulana nel periodo patriarcale e poi in quello veneziano. Il 25 agosto del 1515 il doge Leonardo Loredano investì Girolamo Savorgnan dei feudi di Osoppo, Belgrado e Castelnovo, quale riconoscenza per la difesa della rocca di Osoppo nella guerra che all’inizio del ‘500 aveva contrapposto i veneziani ai confederati della Lega di Cambrai e in particolare all’esercito di Cristoforo Frangipane (Frankopan), per conto dell’Imperatore Massimiliano I, dopo che questi aveva sottomesso Udine e l’intera Patria.
Nello stesso catalogo, Maurizio Grattoni d’Arcano parla dell’origine e dell’ascesa dei Savorgnan sino alla distruzione del palazzo udinese. Quest’ultimo fatto s’inserisce nella plurisecolare faida, costellata di numerosissimi fatti di sangue, che contrappose la fazione filoimperiale, costituita dai castellani e da una piccola parte della nobiltà cittadina, capeggiata dai Torriani e dai Colloredo, alla fazione filoveneta, d’ispirazione popolare, aperta alla classe borghese e alla maggioranza della nobiltà cittadina, capeggiata, per l’appunto, dai Savorgnan. La distruzione del palazzo udinese e soprattutto la consapevolezza di aver perso in parte l’appoggio incondizionato di Venezia indirizzarono la famiglia a più miti consigli e fu smessa ogni illusione di costituire una Signoria.
Dopo oltre quattro secoli gli scavi hanno restituito alla città una massa imponente di reperti legati alla cultura materiale, straordinariamente illuminanti sulla vita quotidiana del Rinascimento. (…)