La condivisione della memoria degli eventi del passato come insegnamento da non disperdere.
di JACK DEGANO
Google conferma la memoria: 10 Giugno 1940 è la data della tragica entrata dell’Italia nella seconda Guerra Mondiale. Quel pomeriggio, mia sorella Maria (anni 7) ed io (anni 5 e mezzo) l’apprendemmo, assieme ad un gruppetto di altre persone unite presso la finestra di Mario Sartor, che l’aveva aperta per noi, onde ascoltare per radio l’annuncio della nostra entrata nel conflitto. (Ben pochi flambresi avevano una radio.) Immagino la notizia non sia stata inattesa agli ascoltatori adulti. Lo fu certamente per noi.
Con la notizia della guerra ci fu pure l’annuncio di un possibile „COPRIFUOCO”. Maria ed io fummo esterrefatti dalla notizia. Gli adulti della famiglia erano impegnati nei campi. Se non sbaglio, si trattava di qualche lavoro connesso con il granoturco a ‘San Juan’. Ci sentimmo responsabili e ci affrettammo ad andare a casa e chiudere gli scuri della casa e della stalla!
A questa spassosa memoria si susseguono tante altre, non sempre allegre, ma certamente meno tragiche di quelle di molti altri concittadini. Tra l’essere fanciulli e il fatto di abitare in un paesino di campagna, ci furono risparmiate molte delle sofferenze e privazioni degli abitanti di città, dei vicini a installazioni militari o di trasporto nazionale. Non ardirei affermare che ci siamo ‘divertiti’ ma per noi era tutto eccitante. Gli adulti erano necessariamente preoccupati e in pena; noi amavamo sorprese e le cercavamo. Lontani dalla routine quotidiana, ci si spostava dove c’erano novità. Qualche paura, ma niente come le preoccupazioni degli adulti.
I primi tre anni della guerra furono piuttosto tranquilli per noi ragazzi. Si sapeva che tanti giovani erano stati arruolati nell’esercito ed erano partiti per i vari fronti, specialmente l’Africa, la Grecia e l’Albania. Di tanto in tanto qualcuno veniva in licenza per un breve permesso e tutti erano ansiosi di sapere che cosa succedeva sul fronte. Le notizie più allarmanti erano quelle connesse con la partecipazione dell’Italia alla occupazione della Russia. Flambro, come tanti altri paesi, alla fine perse circa una decina di alpini, del cui destino nulla fu più saputo. La Russia se li prese e non li restituì.
La parte della guerra più „interessante” per noi giovincelli fu quella iniziata con l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la susseguente occupazione tedesca. Memorie si accavallano e si collegano.

CINCINNATI USA. Jack Degano e Eileen Galligher nella loro abitazione nell’Ohio.
ANZITUTTO L’8 SETTEMBRE
Tutto divenne novità. Battaglioni di soldati che in qualche modo ordinato, marciavano lungo la Stradalta (la „napoleonica”) da Palmanova verso Codroipo. E poi? Ricordo un giorno una pausa che fecero alla altezza della chiesa di S. Giovanni. Qualcuno aveva dimenticato la giberna e un’arma. Mio fratello Mariano ed io ci sedemmo di fronte all’oggetto, sperando che i militari se ne andassero e avremmo preso possesso della refurtiva. Sfortuna. Un militare si staccò dal gruppo che aveva ripreso la marcia e corse a riprendere l’arma. La nostra avventura svanì.
Una domenica un piccolo convoglio blindato passò per Flambro verso Virco. Per qualche motivo uno dei mezzi si fermò e i militari scesero e si unirono a quelli di un altro mezzo. Alcuni flambresi non credettero ai loro occhi. Nel giro di poche ore smantellarono il blindato e chi un pezzo, chi un altro, non rimase più nulla. Se ben ricordo, parte di una porta venne a casa nostra. L’ordine di non so quale autorità di restituire tutti i pezzi andò a vuoto. Ma lo sfacelo dell’esercito fu evidente, almeno per un certo tempo.
Come al solito, ci furono i furbi – militari e civili. Magazzini e caserme venivano svuotate e chi aveva danaro andava nelle campagne, dove uniformi, vestiti, scarponi e vettovaglie venivano acquistati per poco o nulla. Le svendite venivano fatte addirittura da automezzi militari. Storie di gente arricchitasi con quel commercio abbondarono per anni. Alla fine io ci guadagnai un paio di scarponcini, creati da un calzolaio del paese usando un paio di scarponi militari – non so donde provenuti. Ben presto arrivarono i tedeschi e fu la fine del nostro piccolo ‘bengodi’.

RICORDI DI GUERRA. Manifesto della TODT. Questa organizzazione prese il nome dal suo fondatore, Fritz Todt, ingegnere. Fondata nel 1933 in Germania per la costruzione di strade, autostrade, fortificazioni militari e linee di difesa, venne introdotta, durante la guerra, anche in Italia.
I RASTRELLAMENTI
Ogni famiglia doveva avere attaccato alla porta interna un esatto stato di famiglia, con i nomi e le date di nascita di ogni membro. Senza preavviso, i tedeschi e i militari italiani aggiunti (i „repubblichini”) accerchiavano un paese e passavano da casa a casa in cerca di uomini arruolabili. I giovani venivano portati a Udine e poi uniti ad altri e arruolati/deportati in qualche modo misterioso. Nel caso – frequente – che un soggetto non fosse reperibile, i tedeschi prendevano altri cittadini e li avrebbero trasportati come ostaggi in cambio dei giovani.
Ricordo il caso di Flambro, dove appunto un certo numero di giovani che avrebbero dovuto essere presenti, si erano nascosti. Una mezza dozzina di paesani adulti furono arrestati. I giovani presero la loro responsabilità e si presentarono. Alcuni in seguito finirono internati in Germania. Mio fratello Antonio fu uno di quelli che si fecero vivi per liberare gli ostaggi. Fortunatamente fu escluso dall’arruolamento per motivi di salute.
Un ricordo indiretto riguarda il triste passaggio dei treni di ebrei e altri deportati che transitavano per Udine verso la Germania. Benché non ero personalmente coinvolto, si sa che da parte di molti, anche paesani, sacchi di pane biscottato venivano consegnati ai poveri deportati mentre il treno rallentava nei passaggi a livello o in stazione. „Homo homini lupus.”
LE OCCUPAZIONI
I militari tedeschi cercavano un buon cortile e abitazione e vi si installavano con i loro mezzi. I padroni non avevano scelta e dovevano lasciare i locali. Ricordo che vicino a casa nostra c’erano un paio di anziani „cosacchi” arruolati contro volontà e incaricati di accudire ai cavalli e muli dell’esercito. Uno veniva spesso a chiederci un po’ di tabacco. Anche l’edificio scolastico di Flambro fu preso dai tedeschi e i maestri facevano del loro meglio per educarci. Ricordo di aver studiato senza libri e frequentato lezioni in diversi luoghi del paese, dove i tedeschi permettessero il frammentario insegnamento.
LE RAZIONI
Tutto era regolato e si poteva comperare solo un quantitativo limitato di cibi. Si andava al negozio („in buteghe”) e si poteva acquistare solo quanto i „buoni” permettevano. Anche macinare granoturco era limitato. Ricordo mia madre che andò di notte con il carro e l’asino ad uno dei mulini per far macinare un sacco di granoturco. Un rischio necessario per una famiglia numerosa come la nostra. Ma tutto questo era il problema dei genitori. Noi piccoli non ci si rendeva conto delle strettezze e degli stratagemmi necessari per sopravvivere e condurre una vita in qualche modo normale. Si seppe di diverse famiglie dalle quali i tedeschi prelevarono il maiale, il cavallo o altri animali domestici. Perdite di quel genere avevano conseguenze disastrose.

RICORDI DI GUERRA. Manifesti di propaganda della TODT.
LA TODT
Quasi ogni adulto del paese era ingaggiato nei lavori di protezione che gli invasori progettavano. Uno di questi fu un grande canale che tagliava la strada principale che connette Flambro e Rivignano. E anche entro il paese diverse costruzioni di terra e pali interrompevano il passaggio – presumibilmente a carri armati. Queste costruzioni erano alte e larghe circa 5 metri e sporgevano fino a metà strada. La successiva iniziava al lato opposto della strada. Così era possibile transitare a zigzag con un carretto, ma ciò non sarebbe stato possibile per eventuali automezzi. La nostra strada di via Spinucci era una di quelle così interrotte.
Quasi ogni famiglia aveva qualcuno nella TODT. I fratelli Armando e Licia ne furono parte. Ricordo di aver portato il pranzo in una sporta ad uno dei due, allora al lavoro sulla strada „piccola” (che è la più larga delle due strade: quella chiamata „grande” è più stretta della „piccola”!). Un ricordo strano: come parte del cibo c’erano sottaceti preparati dal papà. Cosa che avevo mai visto: memui, cudumaruts, carotis sot asjet.
A proposito della TODT, quel periodo fu un tempo glorioso per Toni Vissa: fungeva da ‘interprete’ tra i tedeschi e i lavoratori locali. Per un certo tempo quasi ogni giorno passavano sopra la nostra area gli aerei alleati che dal sud Italia andavano a bombardare la Germania. Quasi come orologi, ad una certa ora, si recavano a nord e dopo un tot di ore ritornavano verso il sud. La contraerea lanciava inutilmente i suoi fulmini. Si potevano vedere il ‘puf’ dei proiettili, ben lontani dalla formazione dei bombardieri. Il rumore degli aerei che ogni giorno passavano sopra il paese faceva parte della nostra vita quotidiana: “uhuhuhu…” e le scie di vapore seguivano ciascun aereo della formazione.
Flambro non fu vittima di un bombardamento, ma ebbe le sue avventure. Ricordo i due aerei che mitragliarono il campanile. Se non erro fu una domenica ed eravamo appena usciti di chiesa. A quanto pare, si trattò solo una bravata. Ma la paura dei bombardamenti aveva convinto la gente a creare dei „rifugi”, in realtà del tutto insufficienti. Le famiglie del nostro quartiere si unirono e scavarono un „rifugio” nell’orto di Nore Paschine. Fu coperto con rami di legno e terra. Se ben ricordo ci si andò una sola volta e senza troppo entusiasmo.

RICORDI DI GUERRA. Donne udinesi della TODT sul trincerone di Baldasseria, a Udine.
Seri, invece, furono i bombardamenti di Udine. Uno di questi causò un incendio che durò diversi giorni e si poteva vedere persino da Flambro. La sorella Anna si arrampicò a più riprese sul nostro alquanto alto gelso e da lì osservava l’incendio e ci teneva al corrente. Ricordo invece una sera che gli aerei alleati lanciarono a più riprese dei razzi, fuochi di ricognizione, da noi detti „bengala”. Diversi di noi si correva sulla strada di „San Juan”, non sapendo dove nasconderci da quei vivissimi lucernari. Ma tutto finì lì: presumibilmente gli alleati si accorsero che non avevano nulla da temere da parte di quei coraggiosi flambresi!
Parlando di aerei, un aereo alleato venne colpito e precipitò in un campo nei pressi di Pozzecco. Con altri ragazzi si andò a vedere il risultato. Trovammo un enorme cratere con qualche oggetto ancora fumigante. Ma come precedentemente, qualcuno stava uscendo dall’area trascinando qualche pesante pezzo di metallo. Si disse che il pilota si salvò ma che c’erano già i militari tedeschi che lo aspettavano prima che toccasse terra.
E ancora parlando di aerei, c’è il ricordo preciso di Maria e il sottoscritto che ritornavamo da Pozzecco, dove un forno ci aveva cotto del pane con farina da noi prodotta. Pane bianco, inverosimile! Comunque, mentre camminavamo verso casa, degli aerei volarono bassissimi sulla zona. Terrorizzati, ci nascondemmo in un fosso, recitando copiosi „Atto di dolore”. Tanti altri ricordi connessi con attività ed eventi comuni hanno avuto riflessi personali. Il suicidio di un ufficiale tedesco, che avrebbe potuto avere risultati stile Nimis. Per fortuna non vi fu dubbio che nessun civile era coinvolto.
Uno dei pochi eventi negativi personalmente sentiti fu l’occasione in cui, per non ricordo quale motivo, due ufficiali tedeschi erano pronti a far del male alla nostra famiglia. Ricordo il militare in casa mentre la sorella stava cucinando la cena. Il militare prese una forchetta e tolse la salsiccia che Anna stava cuocendo. Mi si disse che nostro padre era fuori della porta, pronto a intervenire se le cose si fossero messe male per noi. So che alla fine la situazione, qualsiasi fosse, fu risolta con un pranzo offerto dal papà ad un gruppo di ufficiali.

RICORDI DI GUERRA. Squadra femminile della TODT al lavoro sul trincerone anticarro di Baldasseria, 1945.
EVENTI RELIGIOSI PARTICOLARMENTE RICORDATI
Il „voto” fatto dal pievano a nome della comunità, riguardante la protezione della popolazione e la processione con la nuova statua di S. Antonio verso la chiesetta omonima. Il carro con la statua del Santo era trainato da due bianchi e tranquilli buoi („T’amo o pio bove”). C’erano due S. Antonio: Sant’Antoni di Glemone (omonimo di Padova) e Sant’Antoni dal purcit, il nostro (S. Antonio Abate, del quarto secolo, noto per le famose tentazioni).
Altro ricordo: la decorazione dell’altare della Madonna in piena guerra, 1943, nella chiesa parrocchiale. L’area dell’altare era coperta da una tenda e noi si moriva dalla curiosità di sapere che cosa faceva il pittore di Trieste. Nonostante la guerra, i parrocchiani erano fedeli alle loro pratiche domenicali: Messa „piccola” al mattino presto; Messa „grande” alle 10; „Gjespui” nel pomeriggio. Una strana tradizione faceva sì che le donne usassero sempre i banchi „in cornu Evangelii” (a sinistra), eccetto per la „Messa piccola”, quando le posizioni si invertivano. La chiesa era sempre piena. Ogni paese aveva almeno due sacerdoti: un pievano e un cappellano. Il sottoscritto era un fedele chierichetto (zago) già dall’età di sei anni („Ad Deum qui laetificat juventutem meam”).
Un ultimo vivo ricordo è quello del „tant par tant”. Anche durante la guerra, in autunno, scendevano dalla Carnia degli agricoltori con sacchi pieni di pere o, più frequentemente, di castagne: prodotti facili per le loro aree e meno frequenti in pianura. E noi si aveva il granoturco, che non facilmente cresceva in montagna. Si faceva la fila per fare il baratto: „tant par tant”. Il segreto era di comprimere la sporta con il granoturco per far apparire un contenitore pieno, mentre invece si allargava la sporta quando vi versavano le castagne per averne un quantitativo maggiore! Ingenui trucchi che ci venivano impartiti. „O tempora o mores”!
Immagino che ognuno dei pochi friulani cresciuti durante la seconda Guerra Mondiale, e tuttora arzilli abbastanza da poter riflettere sugli avvenimenti, avrà memorie interessanti da condividere con chi di quella guerra sa solo quanto i libri di storia impartiscono. Per molti si tratta di ricordi tristi e penosi. Restrizioni, perdita di famigliari, edifici domestici danneggiati, esiliati e rifugiati in condizioni primitive… È indispensabile che siano ascoltati. Può servire a creare una convinzione che non si deve mai più considerare la guerra come l’unica strada per risolvere i problemi internazionali.
Per alcuni di noi i ricordi sono meno tristi. E ne siamo grati.

RICORDI DI GUERRA. Manifesti di propaganda della TODT.