Rolf Fath ricorda l’emozionante momento nel quale il tenore di Ronchi dei Legionari completò la sua carriera al teatro di Karlsuhe.
di ROLF FATH
La rappresentazione con cui Mario Muraro diede l’addio alle scene fu la Tosca, nella quale si esibì il 30 marzo 2002 all’età di 65 anni. Nell’applauso finale, oltre ai mille spettatori presenti in teatro, si unirono anche tutte le colleghe e i colleghi, tributandogli un’ovazione entusiastica. Rolf Fath ricorda con emozione questo momento.
„Gli anziani in prima linea. La 68enne Montserrat Caballé ha appena fatto una rentrée di tutto rispetto a Barcellona, dopo un decennio di assenza dalle scene. E a Londra Pavarotti, più giovane di lei di un anno, è salito sul palco per l’ultima volta, a quanto pare, in Europa, e ha cantato con tanta maestria che tenori che hanno la metà dei suoi anni si sono dovuti nascondere in un angolo per l’imbarazzo.
Come Pavarotti, anche Mario Muraro, a 65 anni compiuti, canta ancora il Cavaradossi e si congeda il prossimo sabato, vigilia di Pasqua, dal suo pubblico di Karlsruhe, come è sua abitudine, con una grande parte da tenore. Le ultimissime note di Muraro per il teatro d’opera di Karlsruhe risuoneranno comunque in un finale di stagione del Pippistrello, quando intonerà ancora le canzoni napoletane che lo hanno fatto brillare in più di un ballo dell’opera. Forse non sarà un addio alle scene per sempre, perché ha „voglia di continuare. Cantare è tutta la mia vita…”.
Ha interpretato il Cavaradossi prima a Gießen e poi a Karlsruhe e a Stoccarda, un giorno in tedesco a Magonza, il giorno dopo in italiano a Wiesbaden, da ultimo infine 19 anni fa a Belgrado. Tuttavia l’epicentro della sua carriera è stato ed è a Karlsruhe, dove è salito sul palcoscenico un quarto di secolo fa come Bacco nella Ariadne auf Naxos e, insieme a Günther Nowak, è tra i cantanti che fanno parte da più tempo dell’organico.

Muraro è molto di più, un beniamino del pubblico, nel vero senso della parola, e amatissimo dai colleghi. A Karlsruhe ha interpretato la maggior parte dei suoi ruoli principali, circa 50, tra cui tutti i grandi ruoli da Radames a Riccardo, dagli eroi nelle operette di Strauß e Lehár fino a Egisto ed Erode. A Karlsruhe la sua interpretazione dell’Andrea Chenier, il suo ruolo preferito, fu accolta trionfalmente con 45 minuti di applauso e mentre la prima moglie era in punto di morte fu un commovente Otello. Cantò il ruolo di Maurizio in Adriana Lecouvreur, un altro cavallo di battaglia, acccanto a Margaret Price, diretto dal maestro Patané a Monaco di Baviera, dove si affermò come degno pari di Domingo e Carrera. Non sono mancate le tentazioni, ma Mario Muraro non volle mai essere un cantante sempre in tournée. Forse semplicemente era troppo gentile, umile e profondamente onesto per una grande carriera e questo gli valse la stima dei suoi colleghi e del suo pubblico.
Tutto ebbe inizio come nelle vecchie leggende dei cantanti. Muraro proviene da un paese nei pressi di Trieste, Ronchi dei Legionari, che ancora oggi va fiero del fatto che il grande D’Annunzio vi abbia sostato per una notte. Muraro nasce in una famiglia contadina povera, da bambino cantava in chiesa, come il suo grande modello Beniamino Gigli, entrò a Trieste nel coro del rinomato Teatro Verdi ed ebbe l’opportunità di una audizione privata con il direttore artistico Luigi Toffolo. Con sua grande sorpresa assistette all’audizione la famosa Fedora Barbieri. Il maestro, seguendo l’esortazione dell’amica: „Non lasciarti scappare questo giovane…”, gli disse „Torna martedì…”.
Dopo il debutto, Muraro dovette tornare al suo lavoro di pasticcere. Grazie a un’audizione con l’illustre agente Schulz, ottenne un contratto a Gelsenkirchen, dove Muraro lavorò sodo sui dialoghi delle operette, ma cantò anche Lohengrin, Matteo e Dimitri. Con Günter Könemann si trasferì a Karlsruhe, dove rimase anche dopo la pensione perché, dopo 30 anni trascorsi in Germania, rientrava „sempre con una certa delusione” dai suoi viaggi in patria. Continuerà comunque a cantare, partecipando come ospite a concerti e „soprattutto per il piacere di fare prove”- Così non c’è spazio per la malinconia.
„La mia anima è in pace perché ho cantato quasi tutto il repertorio del mio registro.”