Fra tutti i paesi ex sovietici nessuno è importante per l’Europa quanto l’Ucraina e, al tempo stesso, nessuno mette così a dura prova la sua stabilità.
di LUCIO GREGORETTI
Ciò che salta subito agli occhi è l’incredibile concentrazione di SUV con vetri oscurati, concessionarie a decine con Porsche, Lexus, BMW, Bentley, Mercedes. Ovunque un’infinità di grandi macchine fuoristrada delle marche più lussuose e costose agli angoli delle strade, davanti agli edifici più importanti, nelle larghe arterie del centro e della periferia.
E sul fronte opposto l’affollamento della metropolitana, con la segnaletica tutta rigorosamente in cirillico, dove si affanna la gente comune che nell’ultimo anno ha visto ridursi il reddito ed i consumi e dove si ha la percezione concreta di una diffusa modesta condizione sociale. Non servono le statistiche sul PIL e sull’occupazione per percepire le difficoltà della gente comune.
Fra contrasti d’ogni genere, Kiev, la capitale dell’Ucraina, è una città splendida, legittimamente considerata fra le più belle d’Europa, conservando chiese e monumenti di straordinario valore artistico, frutto di una storia tanto prestigiosa, quanto travagliata.
La città conta tre milioni di abitanti, con un’urbanizzazione di oltre 800 chilometri quadrati e anche ora che, per effetto della congiuntura economica, il comparto dell’edilizia ha subito contraccolpi, tuttavia è rimasta alta la domanda di mercato delle residenze destinate alle fasce medio-alte e degli alberghi di lusso.
Fra tutti i paesi ex sovietici nessuno è importante per l’UE quanto l’Ucraina e, al tempo stesso, nessuno mette così a dura prova la sua stabilità. È attraverso l’Ucraina che passa l’80 per cento del gas importato dalla Russia e diretto nell’Unione Europea e le frequenti tensioni fra Kiev e Mosca hanno forti ripercussioni sui paesi membri che dipendono pesantemente dal gas russo.
Con 46 milioni di abitanti ed una frontiera di 1.400 chilometri con quattro paesi dell’Unione europea, l’Ucraina è fondamentale per la sicurezza del suo fianco orientale. Dopo la rivoluzione del 2004, l’UE sperava che il processo verso la democrazia, lo stato di diritto e la prosperità economica sarebbero diventati irreversibili. Ma le cose sono andate diversamente: la guerra in Georgia ha dimostrato che Mosca è pronta a utilizzare la forza per bloccare l’espansione dell’influenza occidentale nelle ex repubbliche sovietiche.

UCRAINA. Kiev 2011. Foto di: 1. Rostislav Artov, Unsplash; 2. Clape; 3. Jorge Fernandez Salas, Unsplash; 4. Clape.
Nelle giornate di sabato, mentre continuano ad affollarsi per lo shopping le strade del centro fra la ulitsa Kreshchatik, piena di negozi e la via vziz Andriyivsky, fra lunghe file di alberi, chioschi all’aperto, espositori di quadri e di prodotti artigianali, e via via giù dalla Città Vecchia fino all’inizio dello storico quartiere dei mercanti di Podil, dove ha sede il porto fluviale, ecco che nelle chiese ortodosse, in quella di San Michele, come in quella di Sant’Andrea, si rinnovano in serie i matrimoni, simbolo di una comunità fiduciosa e profondamente religiosa.
Finita la solennità della cerimonia, sotto l’enorme monumento equestre in cui troneggia Bogdan Khmelnitsky, circondato dalle facciate neoclassiche dei palazzi circostanti, nella piazza dominata dal grande campanile da cui si accede al complesso di Santa Sofia, gli sposi fanno le fotografie di rito. Impassibile li osserva con piglio guerresco l’atmano Khmelnitsky, uno dei fondatori della Patria, che cambiò le sorti del Paese.
Nel 1648 si mise a capo di un’insurrezione contro la Polonia,chiedendo aiuto alla Russia, e nel 1654 firmò con i rappresentanti dello zar Alessio un accordo di reciproco sostegno militare, in opposizione all’espansione polacca, il celebre trattato di Pereyaslav. La guerra si concluse con la liberazione dei territori ucraini, che però Mosca, appigliandosi ad alcune clausole del trattato, decise di annettere al suo impero. E così la storia dell’Ucraina cambiò segno.
L’intero centro è segnato da edifici e monumenti che testimoniano l’antico splendore di una città che, fondata tra il V e il VI secolo, fu la prima capitale e culla della civiltà russa e, tutt’oggi, uno dei luoghi spirituali più importanti della Chiesa ortodossa. Secondo una leggenda, un po’ come per Roma, la sua fondazione sarebbe da attribuire ai tre fratelli Kyi, Schek e Khoryv e alla loro sorella Libyd. Il piccolo villaggio, che prese il nome dal più anziano dei quattro, divenne in breve capoluogo della popolosa tribù slava dei Poliani.

ATTUALITÀ. Questo editoriale, già pubblicato su Arte & Cultura nel gennaio 2010, evidenza i nodi delle attuali vicende ucraine.
Nell’882 il principe variago Oleg invase la città e, dopo averne assunto il controllo, pronunciò la profetica frase: „Questa sarà la madre delle città dei Rus’”. In effetti, Kiev si trovò ad essere nel X secolo la fiorente capitale di un impero esteso dal mar Baltico al mar Nero e a rappresentare, grazie alla sua strategica posizione geografica, il fulcro dei rapporti commerciali tra Variaghi e Greci.
Nell’anno 980 il principe Vladimiro, uno dei personaggi di spicco nella storia della Vecchia Russia, decise di riorganizzare lo stato prendendo a modello l’Impero Romano d’Oriente. Proclamò quindi il Cristianesimo Bizantino religione ufficiale del Rus. Con immediate conseguenze: nel 1051 un gruppo di eremiti, ritiratisi all’interno di piccole grotte scavate sul monte Berestov, a ridosso del Dniepr, guidati dai monaci Antonio e Teodosio, diedero origine al Pecherska Lavra, monastero destinato a diventare uno dei principali luoghi di culto del Medio Evo e a trasformare Kiev nel centro spirituale della Chiesa Ortodossa.
Proprio qui, oltre che alla Cattedrale di Santa Sofia, che ospita alcuni dei maggiori mosaici e affreschi del paese, si tocca con mano ancor oggi la profonda spiritualità di questo Paese. In questo complesso, le chiese si susseguono fra cupole dorate, labirinti sotterranei che custodiscono le spoglie mummificate dei monaci ed eleganti edifici monastici diventati musei in cui si conservano molti ori degli sciti.
Nelle ore delle funzioni mattutine, nella Cattedrale della Dormizione, risistemata dopo che era stata parzialmente distrutta dall’Armata Rossa, si alza alto e forte il coro dei fedeli illuminati da una selva di sottili candele accese. Per ciascuno la preghiera ha un significato personale; è il segno di comunione con la chiesa, di fiducia per la propria sorte, di onoranza per i caduti. Dopo la morte, l’uomo, nella sua ascesa a Dio, deve passare per le „stazioni di pedaggio” incontrando i „demoni dell’aria”, dai quali sarà provato, giudicato e tentato. Il giusto che ha vissuto santamente sulla terra attraversa velocemente queste prove senza alcun timore e terrore semplicemente perché ha già superato vittoriosamente ogni tentazione che lo allontanava dal Signore.
Nelle preghiere sussurrate e nei canti maestosi, rivive e si rinnova continuamente lo spirito d’una nazione antica. I grandi SUV con i vetri oscurati, simbolo dei nuovi ricchi, visti da questa compagine di edifici sacri del Pecherska Lavra, immersi fra viottoli e spazi verdi, paiono come le macchine efferate di invasori alieni d’un territorio impregnato di valori e di culture dalle profonde radici storiche.

KIEV. Nubi si addensano su Kiev. Foto di Ivanna Mykhailiuk, 1 settembre 2020. Su concessione dell’autrice.
Friulani e giuliani in Ucraina
Vive in Ucraina da 28 anni il goriziano Gianluca Sardelli, console onorario a Leopoli, parte di una comunità di italiani di circa 2 mila persone, una cinquantina i corregionali, sconvolta dall’aggressione russa iniziata il 24 febbraio. Sono stati costretti, la gran parte, a lasciare il paese nel quale si erano insediati svolgendo spesso ruoli imprenditoriali e sociali importanti.
L’Istituto Italiano di Cultura a Kiev, diretto da Edoardo Crisafulli, prima del conflitto era diventato un punto di riferimento per molte iniziative. Il 15 febbraio era stata aperta in città un’importante esposizione dedicata a Dante Alighieri, che aveva coinvolto tanti artisti ucraini. Sul sito dell’Istituto era apparso il 2 febbraio l’avviso per un colloquio attitudinale per la selezione di 3 docenti d’italiano necessario per assicurare l’insegnamento della lingua italiana nei corsi а gestione diretta per il 2022.
Il 25 febbraio il console Sardelli, dopo aver raggiunto la cancelleria, dal rifugio in cui aveva dovuto ripararsi dopo un allarme, ha consigliato tutti i connazionali di raggiungere il confine con la Polonia e passare in territorio sicuro. Anche l’ambasciata, che si era attivata per proteggere donne e bambini ucraini, ha dovuto trasferirsi per sicurezza a Leopoli.

CONSOLE. Il console italiano a Leopoli, il goriziano Gianluca Sardelli.
L’ambasciatore Francesco Zazo, che si è prodigato per salvare cento persone, tra cui venti bambini, ha alle spalle esperienze impegnative. Ha svolto il suo primo incarico a Seul ed è arrivato la prima volta a Kiev come primo consigliere nel 1999. Poi a Mosca e quindi ambasciatore a Canberra, con competenze per un’area vastissima che va dall’Australia alle Isole Figi, a Papua Nuova Guinea, Vanuatu, Isole Salomone, Micronesia e Repubblica di Nauru. È tornato in Ucraina con la moglie e i due figli nel gennaio del 2021 come Ambasciatore d’Italia, un anno e due mesi prima dell’inferno della guerra.
Drammatico il messaggio appostato sul sito dell’ambascita: “Alla luce dell’ulteriore deterioramento della situazione nel Paese, si rinnova l’invito agli italiani a lasciare immediatamente l’Ucraina con i mezzi commerciali disponibili. Ai connazionali che dovessero comunque decidere di non lasciare il Paese, si raccomanda di usare la massima prudenza, di assicurarsi di avere documenti d’identità in corso di validità e si suggerisce, a titolo precauzionale, di valutare l’opportunità di predisporre sufficienti scorte di acqua, cibo, vestiti caldi e carburante per le auto”.
L’attacco armato è stato atroce. Sui siti, anche quelli istituzionali, restano solo messaggi di bombardamenti, distruzioni, feriti e morti.

CONSOLE. L’ambasciatore italiano in Ucraina, Francesco Zazo.