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Categoria 9 Editoriale 9 Odissea Ucraina

Odissea Ucraina

Odissea Ucraina

Fu l’Ucraina, assieme alla Polonia, ad essere protagonista di un sisma che avrebbe messo in moto la valanga della seconda Guerra Mondiale.

di PAOLO MIELI

La Grande Guerra 1914-1918 mandò in frantumi i grandi imperi d’Europa che – in particolare quello austroungarico e quello ottomano che si affacciava sul nostro continente – avevano una grande tradizione di tolleranza nei confronti delle minoranze etnico linguistiche. È qualcosa che spesso noi sottovalutiamo ma la riemersione di un ipernazionalismo esasperato fu uno dei frutti avvelenati di quel conflitto.

Negli anni recenti il problema delle autonomie si è riproposto nei rapporti tra Russia e Ucraina dopo la secessione della Crimea. Allora attivisti della destra ultranazionalista assaltarono il Parlamento di Kiev dopo il voto con cui era stata concessa più autonomia all’Est filo-russo. Concessione passata ad ampia maggioranza dal momento che faceva esplicito riferimento agli accordi di Minsk i quali prevedevano una forte decentralizzazione entro la fine del 2016.

Anche negli anni Trenta il mondo fu destabilizzato da quel che accadde in Ucraina. Fu proprio l’Ucraina, assieme alla Polonia, ad essere protagonista di un sisma che avrebbe messo in moto la valanga della seconda Guerra Mondiale. E a proposito della Polonia – la cui invasione da parte delle truppe naziste il primo settembre 1939 fu l’atto d’inizio del secondo grande conflitto – colpisce quanto fosse trascurata negli scritti hitleriani degli anni Venti. Scritti nei quali, pure, era già in grande evidenza l’ostilità nei confronti del popolo ebraico.

Matrimonio a Kiev, 2010

UCRAINA. Kiev 2010. Scene di un matrimonio, simbolo di una comunità fiduciosa e profondamente religiosa.

 

Eppure, nei confronti della Polonia e dell’Ucraina, Hitler fu intellettualmente sciatto. Lo nota lo studioso dell’università di Yale Timothy Snyder in una delle pagine iniziali di „Terra nera – L’Olocausto tra storia e presente”. La Polonia verrà menzionata da Hitler, per di più come „auspicabile alleata”, solo dopo il ’33, cioè quando il capo nazista sarà già andato al potere. Ciò appare ancora più curioso, scrive Snyder, „alla luce del fatto che la maggior parte degli ebrei europei viveva proprio lì; i cittadini ebrei polacchi erano dieci volte più numerosi di quelli tedeschi; in città come Varsavia e Lodz risiedevano tanti israeliti quanto in tutta la Germania”.

La Polonia, dopo la Grande Guerra, era un nuovo Stato che riuniva territori di tre ex imperi: russo, asburgico e tedesco. Gli ebrei, presenti in gran numero in quasi tutto il Paese, annoveravano la maggior parte dei medici, degli avvocati, dei commercianti, e per questo „fungevano da mediatori con i mondi più vasti della conoscenza, del potere e del denaro”. Pagavano più di un terzo del totale delle tasse e alle loro aziende faceva capo oltre la metà del commercio estero. Perciò il resto dei cittadini interagivano con loro ogni giorno. Per di più la Polonia era il Paese che separava la Germania dall’Unione Sovietica. Il Führer commise dunque un errore con la Polonia „considerandola solo uno strumento nel quadro di una più ampia iniziativa tedesca; il Paese si comportò invece da agente politico, da Stato sovrano.

L’errore di sottovalutazione commesso in partenza con la Polonia se ne trascinò dietro uno di pari importanza che riguardò l’Ucraina. Mentre Hitler e i nazisti la consideravano una zona di colonizzazione, Josef Pilsudski (tornato al potere in Polonia nel 1926), essendo lituano e avendo studiato nell’Ucraina orientale, le attribuiva una dignità statuale. Molti uomini di Pilsudski erano polacchi provenienti dall’Ucraina e sulle terre ucraine avevano combattuto la guerra del 1919-20 contro i bolscevichi. Ciò induceva i gruppi dirigenti polacchi a non guardare all’Ucraina come una tabula rasa, una terra senza popolo, ma a considerarla – a differenza dei nazisti – un „luogo abitato da esseri umani”.

Di qui il loro progetto, che prese il nome di „prometeismo”, che prevedeva – nel nome del titano della mitologia greca che diede all’umanità il dono della luce – l’appoggio alle nazioni oppresse contro gli imperi. E nello specifico il sostegno agli ucraini contro l’Unione Sovietica. Quando Stalin – tra il 1932 e il 1933 – provocò deliberatamente l’Holodomor, la grande carestia in Ucraina per piegare i contadini ai rigidi criteri della collettivizzazione e causò la morte di tre milioni e trecentomila abitanti, migliaia di piccoli agricoltori, talvolta interi villaggi, fuggirono dall’Ucraina sovietica alla volta della Polonia, chiedendo ad essa che si mettesse alla guida di una guerra di liberazione dai comunisti.

Paolo Mieli

PROTAGONISTA. Paolo Mieli protagonista, nell’assemblea di fine anno dell’Associazione Clape nel Mondo, con la presenza dell’assessore regionale Piepaolo Roberti.

 

Nel „frettoloso rapporto” steso dalle guardie di confine polacche incaricate di interrogare i rifugiati provenienti dall’URSS si leggono sempre le stesse parole: gli ucraini auspicano „l’intervento armato dell’Europa” contro Stalin. Ma nel 1931 la Polonia aveva accettato la proposta sovietica di discutere un trattato di non aggressione. Trattato che firmò nel luglio del 1932 provocando la delusione degli ucraini.

Il console di Charkiv, a quei tempi capitale della regione, nel febbraio del 1933 riferiva che al suo ufficio si presentavano uomini in lacrime perché avevano lasciato morire di inedia moglie e figli. „Sulle vie di Charkiv”, scriveva un altro diplomatico, „si vedono moribondi e cadaveri”. Ogni notte si rimuovevano centinaia di corpi senza vita: i residenti della città si lamentavano dicendo che „la milizia non li portava via abbastanza rapidamente”. Ma la milizia sovietica trascurava i morti in putrefazione perché era indaffarata ad arrestare i vivi: contadini giunti in città assieme ai figli sopravvissuti per cercare di guadagnare, chiedendo l’elemosina, qualche giorno di vita. La milizia aveva l’ordine di catturare almeno duemila bambini al giorno.

Nel marzo del ’33, mentre il numero delle vittime saliva da centinaia di migliaia all’ordine di milioni, il capo dei servizi segreti polacchi scriveva: „intendiamo restare fedeli” all’accordo con i sovietici „benché i russi ci provochino e ci ricattino senza sosta”. Ed è per questo che il voltafaccia polacco, scrive Timothy Snyder, „poteva essere visto dagli ucraini come un tradimento e in effetti fu così che lo intesero”. Un esperto polacco nella questione delle nazionalità scrisse: „La firma del patto ha annullato la speranza di salvezza dall’estero e così il potere sovietico è diventato, agli occhi della popolazione, il padrone assoluto della vita e della morte. Questa convinzione ha trovato conferma nella strage della popolazione rurale nella primavera del 1933”.

In quel momento i contadini ucraini „riconobbero” che „l’ultima speranza era l’invasione tedesca e la distruzione dell’ordine sovietico”. E questo proprio nei giorni in cui Hitler, quell’Hitler che nulla fin lì aveva capito né della Polonia né dell’Ucraina, andava al potere. Il dittatore nazista con ogni probabilità non colse nessuna di queste sfumature. Voleva occupare, quando fosse stato possibile, l’Unione Sovietica e impadronirsi dell’Ucraina ma con l’obiettivo della colonizzazione razziale e non della liberazione nazionale.

Paolo Mieli e l’assessore regionale Piepaolo Roberti all’assemblea di fine anno dell’Associazione Clape nel Mondo

PROTAGONISTA. Mieli ha offerto un grande affresco storico sui temi degli spostamenti dei popoli nel mondo, evidenziando come alle grandi pestilenze siano sempre seguite fasi di grande rinascimento e sviluppo dell’umanità. “La Regione – ha detto a sua volta l’assessore Roberti – sostiene con convinzione e con orgoglio l’attività della Clape e delle altre sei associazioni di corregionali riconosciute per legge, obbedendo a un dovere morale nei confronti delle persone che furono costrette ad abbandonare la Patria per le perdite territoriali del secondo dopoguerra o per le difficilissime condizioni economiche venutesi a creare, ma perseguendo anche l’obbligo istituzionale di valorizzare chi ha portato nel mondo la laboriosità e l’ingegno tipico delle nostre genti”. Secondo Mieli, che ha ricordato il suo forte legame con Monfalcone, esperienze come quelle della Clape tengono in piedi il Paese sotto il profilo morale e culturale: non è solo l’economia e la politica a rappresentare l’anima dell’Italia, ma il concentrarsi sulla cultura e la storia è una maniera di restituire un debito.

 

Stalin e la leadership sovietica (che lo avevano già capito all’inizio degli anni Trenta, prima ancora della vittoria di Hitler) erano preoccupati soltanto dall’eventualità che la Polonia potesse intervenire nel corso della crisi provocata dalla collettivizzazione e fu per questo che intavolarono trattative con Pilsudski. I gruppi dirigenti polacchi, costretti a tagliare i budget della difesa a causa della grande depressione, nonostante avessero la giusta percezione del tradimento che stavano consumando a danno degli ucraini, acconsentirono a firmare il trattato con l’URSS del luglio 1932. Ed è in quelle ore che furono poste le basi della seconda Guerra Mondiale.

Pilsudski che, come si è detto, aveva accettato il patto con l’URSS perché spinto dalla necessità, cercò di riequilibrare la propria politica spingendo il proprio Ministro degli Esteri Jozef Beck (nominato nel novembre del ’33) a cercare di firmare con la Germania un patto analogo a quello sottoscritto con l’URSS. E Hitler accettò, tanto che i due Paesi lo sottoscrissero già nel gennaio del 1934. I polacchi – in base a quel patto – si impegnarono a impedire al congresso internazionale delle organizzazioni ebraiche di riunirsi nel loro Paese.

Nel settembre 1938, durante la crisi cecoslovacca, nelle regioni dell’Ucraina sovietica vicine al confine polacco, unità dell’URSS „si spostarono da un villaggio all’altro comportandosi come squadre della morte”. E mentre la Polonia cercava la protezione dell’Inghilterra, la sua intelligence militare intensificò segretamente il tirocinio di un gruppo selezionato di attivisti dell’Irgun che in Palestina avrebbero combattuto contro gli inglesi. Nello stesso momento Stalin – che preparava il colpo a sorpresa dell’alleanza con i nazisti (il patto Molotov-von Ribbentrop) – qualche settimana dopo la rottura pubblica tra la Germania e la Polonia „fece un gesto significativo nei confronti di Hitler: liquidò Maksim Litvinov, il commissario ebreo agli Esteri”.

Il mondo sembrava impazzito. Un giovane scrittore di Kielce, Gustaw Herling Grudzinski (che nel dopoguerra sarebbe approdato in Italia, dove avrebbe sposato Lidia, una figlia di Benedetto Croce) fu catturato dai russi, che lo accusarono di aver lasciato illegalmente la Polonia alla volta della Lituania „per combattere contro l’URSS”. Chiese ai funzionari di correggere il capo di imputazione: voleva sì combattere ma „contro i tedeschi”. Gli fu risposto dai russi di lasciar perdere dal momento che era „la stessa cosa”.

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