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9 March 2025
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Le idee e le culture dell'emigrazione

Direttore: Lucio Gregoretti

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Categoria 9 Microcosmi 9 Mondo rurale e migrazioni nella crisi della bachicultura

Mondo rurale e migrazioni nella crisi della bachicultura

Mondo rurale e migrazioni nella crisi della bachicultura

Le difficili condizioni del mondo rurale sono state alle radici dell’emigrazione. Specie quelle legate alle trasformazioni agricole come nel caso della bachicultura.

di MARIO SALVALAGGIO

L’attività agricola, nei secoli e fino agli anni Cinquanta del Novecento, ha rappresentato la principale se non unica fonte di sussistenza per la stragrande maggioranza delle famiglie friulane. La vita contadina si modellava sulle stagioni, che dettavano tempi e modi al lavoro nei campi; l’impegno profuso nella stalla era invece diuturno. Soste e riposo venivano dalle ricorrenze fissate dall’anno liturgico. La struttura fondiaria principale era la grande proprietà, gestita con contratti di mezzadria e affitto; ad essa si affiancavano le aziende famigliari di piccola e piccolissima dimensione, che a fatica producevano il necessario alle molte bocche da sfamare:„Meti dongje il gusta e la cene”.

L’allevamento del baco da seta, presente anche in Friuli fin dall’antichità, divenne nel corso dell’Ottocento e di gran parte del Novecento una importante fonte integrativa del reddito, in quanto forniva la prima liquidità della stagione agricola, indispensabile, anzi assolutamente necessaria, in un contesto economico assai magro. Tutta la famiglia era impegnata nell’allevamento, dai bambini agli anziani, dalle donne agli uomini, ognuno con compiti precisi e specifici. Si utilizzavano tutti i locali della casa, la cucina, le camere da letto, il granaio, il porticato. Persone e cose erano sottomesse al servizio dei cavalirs.

Il ciclo iniziava in aprile con la schiusa delle uova. Il seme dei bachi era prodotto e conservato dagli istituti bacologici, che lo mettevano a disposizione dei privati e degli essiccatoi cooperativi, cui aderivano gran parte degli allevatori. L’unità di misura del seme era l’oncia, pari a una trentina di grammi, composta da 40/60.000 uova. Nelle annate buone permetteva di produrre 70/90 kg di bozzoli di prima scelta. Negli ultimi tempi si impose una nuova unità di misura, il “telaino”, corrispondente a un terzo di oncia.

Bachicoltura

 

I bacolini appena nati venivano consegnati disposti su questi contenitori standard. Ai bachi era somministrata foglia di gelso, morar ovvero Morus alba, con modalità diverse a seconda della fase di crescita dei filugelli: tagliata finemente, tagliata grossolanamente, intera, in frasche, in rami interi. Per ogni oncia allevata i consumi di foglia erano i seguenti: prima età larvale 5 Kg, seconda età larvale 15 Kg, terza 50 Kg, quarta 230 Kg, quinta da 700 a oltre 1.000 Kg.

La superficie necessaria all’allevamento era di 60/70 mq per oncia. Le principali varietà di gelso erano la Florio (more nere), la Veronese (more grigie), la Catania (more bianche), la Gentile (foglie selvatiche). Le foglie dovevano essere bene asciutte, altrimenti il baco si ammalava, al lave in vacje, così che quando pioveva tutto il paese era pavesato dai rami di gelso, posti ad asciugare in ogni angolo, al riparo dell’acqua.

Il ciclo vitale del baco da seta passa attraverso quattro stadi: uova, larva, crisalide, farfalla. Le uova del baco sono di colore nerastro, chiamate “semenza” per la minuscola dimensione. Ciascuna femmina, appena sfarfallata e accoppiatasi con i maschi, riconoscibili per le lunghe antenne, ne depone da 300 a 400. Devono essere conservate in ambienti freschi, altrimenti si schiuderebbero dopo una decina di giorni.

More di gelso

 

Nella condizione di larva l’accrescimento del baco è caratterizzato dalla muta, ovvero dal rifacimento periodico della pelle esterna, “chitina”, la quale non essendo elastica impedirebbe ogni crescita. Periodicamente la larva interrompe l’alimentazione, “dorme” e forma una nuova pelle interna, quindi esce dalla vecchia guaina, abbandonandola. Le mute sono quattro e cinque le età della vita larvale del baco: la prima dura cinque giorni e si conclude con la prima muta; la seconda dura quattro giorni e si conclude con la seconda muta; la terza cinque giorni e si conclude con la terza muta; la quarta si protrae per sei giorni e termina con la quarta muta, durmî da la grosse; la quinta infine, da otto a dieci giorni, si conclude con la formazione del bozzolo.

Il ciclo larvale occupa quindi circa un mese, durante il quale l’accrescimento è formidabile: il baco passa da una dimensione di qualche millimetro a una lunghezza di 7-9 cm. Durante le mute i bachi vanno lasciati tranquilli in penombra. La crisalide è la larva che si imbozzola e subisce una trasformazione indicata come metamorfosi. Successivamente infatti, passando dalle fasi di pupa e di crisalide, assume la forma di insetto adulto.

Lo sfarfallamento avviene in media a circa venti giorni dall’inizio della formazione del bozzolo. La farfalla si apre un varco, secernendo una sostanza che scioglie la seta. I bozzoli sono gialli , o con sfumature di giallo, i nostrani, oppure bianchi, gli ibridi più recenti. L’insetto adulto si chiama “falena”. Maschi e femmine si accoppiano subito; le femmine depositano le uova e quindi rapidamente muoiono. Il ciclo è concluso.

Bachicoltura

 

La regola fondamentale dell’allevamento del baco da seta è la pulizia. Si inizia arieggiando e disinfettando accuratamente i locali e le attrezzature con acqua bollente, calce viva, solfato di rame, formalina, zolfo. L’ultima operazione si faceva tappando i locali con all’interno ogni cosa occorrente e si bruciava zolfo in polvere in appositi contenitori, solfatâ.

I bacolini portati a dimora nei telaini, in piccole casse di legno o cartone, sono sistemati in un locale riscaldato e alimentati con foglie finemente tagliuzzate a mano, soprattutto dalle donne. Fino al secondo sonno occupano un o spazio limitato, poi crescendo si allargano, facilitati in questo anche dalle carte bucate messe loro sopra e ricoperte dalle foglie di gelso tagliuzzate. l bachi risaliti attraverso i fori possono essere trasportati facilmente, senza subire danni, ciapâ su cul picet. A questo punto sono sistemati sui graticci, grislis, sovrapponibili, di modo che risulta moltiplicata la superficie di lavoro.

Anche nei locali dei graticci la temperatura deve essere costante, 18-19 gradi Réaumur, pari a 22 Celsius. Per questo si utilizzano bracieri o stufe tradizionali in terracotta rossa. Per controllo si ricorre al termometro dei bachi, affidato alla responsabilità delle donne. L’alimentazione, turnata fino ad otto distribuzioni al giorno, procede con foglie tagliuzzate per mezzo di un attrezzo, manuale e poi meccanico, detto tacefuée.

Dopo la quarta dormita gli spazi necessari aumentano ancora: i bachi vengono trasferiti nei granai e messi su un letto di foglie, il pesson. Da questo momento per l’alimentazione si portano rami di gelso interi, ciò permette di raccogliere meglio le larve e al bisogno di diradarle. Il pesson può disporsi su due livelli, uno a terra e l’altro sollevato su appositi sostegni o sospeso e attaccalo alle travi del sottotetto col filo di ferro.

Bachicoltura

 

Dopo otto giorni di alimentazione continua il baco, quasi traslucido, comincia ad alzare la testa, dondolandola: è sul volt de sede, si prepara cioè a salire al bosco e a filare. Dopo un ultimo pasto abbondante, che serve soprattutto per i bachi in ritardo di crescita, sul fogliame si allestisce il “bosco”, ovvero si collocano gli elementi sui quali il baco sceglierà il posto dove fissare il proprio bozzolo. Per questa funzione si utilizza di solito la paglia di segale, soleâr, sagomata in modo caratteristico: pipins, riçs, cossis. Modernamente si ricorre a riçs di plastica.

Il baco ricerca un sito adatto per la sua ultima fase di vita, quella che fa trepidare l’allevatore, prossimo alla conclusione delle sue fatiche. Emettendo dalla bocca una tipica bava serica, che indurisce al contatto con l’aria, forma il filo. Il baco lo attacca a dei punti di ancoraggio, all’interno dei quali tesse ininterrottamente un involucro di forma ovale, oblunga: il bozzolo.

Poi inizia la raccolta, tira jù la galete. Questa, maneggiata con delicatezza, onde evitare macchie, viene posta in ceste e poi ripulita dalla peluria che la avvolge, spelâe, con l’ausilio di una macchina apposita, par netâ la galete. Con la spelâe, garzata, si faceva la bavele, un filato adatto per calze, maglie e indumenti sottili, soprattutto per i neonati. Con la spelâe non trattata si confezionavano cuscini e trapunte. I bozzoli variamente difettati erano detti falopis, doplons, maglâts, vueits, galete sbuse, a seconda dell’inconveniente.

Il filo costituente un bozzolo può raggiungere i 4 Km di lunghezza. Da 4 Kg di bozzoli buoni si ricava 1Kg di seta, per produrre 1Kg di seta cruda sono necessari circa 5.500 bachi. Il ciclo si concludeva con la consegna dei bozzoli agli essiccatoi, dove, per impedire lo sfarfallamento e quindi il loro danneggiamento, venivano stufati ad una temperatura idonea per uccidere le crisalidi, i bigats. Seguiva la vendita dei bozzoli stufati alle filande, il cui compito era quello di ricavare il filo di seta per produrre dulcis in fundo il tessuto più fine e prezioso di tutti i secoli.

Bachicoltura

 

Per terminare, ecco una breve nota sui nemici tradizionali del baco, che sono molti e difficili da combattere. La pebrina, dovuta a un microrganismo, colpisce la larva piccola che diventa ruggine e non arriva al bozzolo. Si riconosce dai puntini neri come il pepe, diffusi sul corpo del baco. La flaccidezza è provocata da un micrococco che aggredisce il baco al momento della salita al bosco; il baco diventa scuro, molle, cola un liquido nerastro e puzzolente. In questo caso si deve cambiare tempestivamente il letto e bruciare i bachi morti o moribondi. La macilenza si sviluppa durante le mute, anch’essa provocata da micrococchi. La larva perde appetito, manifesta forti diarree e un vomito dall’odore assai sgradevole.

Il calcino, si diceva a làvin in stuc, è causato da un fungo parassita che rende la larva rossastra e poche ore dopo la morte la riveste di una muffa bianca e dura. l bachi infestati vanno distrutti ed è necessario disinfettare locali e attrezzi con la formalina. Il giallume, a van in vacje, è provocato da spore parassite. Ne soffrono i bachi maturi che assumono un colore giallastro con rigonfiamento sugli anelli. La pelle si rompe facilmente, lasciando uscire un liquido denso e opaco. Causa del disturbo sono gli sbalzi di temperatura o l’eccessiva umidità delle foglie.

Nel 1989 si manifestarono le conseguenze indotte dall’Insegar, usato nei trattamenti ai frutteti: i bachi non filavano più, non si liberavano dei residui alimentari, aumentavano di peso, poi, con l’inedia, sopraggiungeva la morte. Nessuno, all’inizio, capiva la causa dell’epidemia. Questa fu chiara l’anno, successivo, al ripetersi del malanno. Il Fenoxycarb, principio attivo dell’insetticida Insegar, altera il metabolismo ormonale del baco impedendo la formazione delle ghiandole sericee. Questo fu il colpo che abbatté la millenaria coltivazione del baco da seta in Friuli e in Italia. La bachicoltura non si riprese più: tristemente era finita un’epoca gloriosa.

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