I mosaici pavimentali della Basilica di Santa Maria Assunta del IV secolo e i resti musivi di età romana e paleocristiana patrimonio dell’UNESCO.
di GIORGIO PACOR
La basilica patriarcale di Aquileia – fondata su preesistenti magazzini, per volere del vescovo Teodoro (310-319), rifatta più ampia il secolo dopo ma distrutta dagli Unni nel 452, poco più tardi riedificata su una planimetria ormai analoga a quella attuale – deve le forme odierne ai sostanziali rifacimenti romanici messi in atto da Poppone (1021-31) e ai restauri in forme gotiche seguiti al terremoto del 1348. Lavori d’epoca veneziana definirono poi dettagli e decori.
All’interno della chiesa, vi appare assolutamente eccezionale la pavimentazione musiva dell’epoca di Teodoro: i riquadri con figurazioni, scoperti nel 1909, costituiscono il più vasto mosaico dell’Occidente cristiano. Entrando in Basilica, dirigendosi a sinistra, dove si apre una porta che dà su quella che si indica, alquanto impropriamente come “cripta degli scavi”, si accede nell’aula settentrionale, quella rovinata dalle fondamenta del campanile. Nel pavimento musivo rimasto in quest’aula, pare concretato, con una gioiosa festa, il concetto della perfetta vita cristiana e quindi della vita paradisiaca come adesione fedele alla volontà divina: “e ‘n la sua volontade è nostra pace”, dirà Dante.
In questa visione appare comprensibile l’abbinamento dell’ariete con la lotta del gallo con la tartaruga, nella quale si deve intendere l’antefatto, la condizione preliminare e indispensabile per il raggiungimento di quella serenità spirituale. Grazie alla redenzione l’uomo può raggiungere la libertà dal male e dalla morte con la propria partecipazione attiva, con una lotta che è lotta della verità contro l’errore, della luce contro le tenebre. Il gallo infatti, annunciatore della luce, è visto come simbolo augurale di vittoria e come tale e come ammonitore è proposto alla meditazione dei cristiani. Nella tartaruga, invece, anche per un’interpretazione che la voleva “abitatrice del Tartaro”, era facile riconoscere i caratteri opposti a quelli del gallo. In queste scelte poterono anche inserirsi le iconografie precristiane.
L’aula meridionale di Teodoro, cioè quella che si dispiega davanti a noi appena entrati in Basilica, mostra il Buon Pastore: è questa l’immagine che ribadisce immediatamente il concetto già espresso nell’aula settentrionale e lo rende anche più chiaro. Cristo Buon Pastore, accoglie e guida chi fiducioso si affaccia alla comunità dei credenti.
Il celebre pavimento mosaicato dell’aula meridionale, dove si tenne il celebre Concilio del 381, con cui venne condannato l’arianesimo in tutto l’Occidente, si distingue in quattro campate, ma queste non compongono fasce trasversali: sono divise fra di loro in tre comparti, salvo l’ultima campata che mostra un soggetto unico e continuo. I mosaicisti che lavorarono nell’aula meridionale non erano imbevuti di quel particolare gusto per il colore, goduto come vibrazione intensa, quasi spessore luminoso della realtà oggettiva, che caratterizzava l’orientamento formale del primo maestro, attivo nell’aula settentrionale.
Nell’aula meridionale e in gran parte della stessa aula settentrionale sono utilizzati spesso gli stessi cartoni ma non lo stesso tipo di tessere e nemmeno la stessa concezione della figura e della lingua pittorica: c’è un rifiuto del colore trionfante e del turgore plastico in favore di una linea che serra e contrae delle silhouettes fortemente efficaci nonostante questa semplificazione o, anzi, ricuperate anche in senso naturalistico perché sottratte a una vivacità coloristica sommergente e dispersiva. È questo un effetto degli orientamenti formali del tempo di Costantino.

CAPOLAVORO. “Il capolavoro dell’arte cristiana di enorme rilevanza religiosa, storica e artistica. La campata orientale del mosaico teodoriano nella Basilica di Aquileia è interamente occupata dagli episodi della celeberrima storia biblica di Giona. All’interno di una popolazione marina (polpi, delfini, seppie, ecc.) e acquatica (anatre), ravvivato da scene di pesca, il magnifico capolavoro racconta i tre momenti della saga dell’Antico Testamento: Giona gettato in mare da una barca e inghiottito da un mostro marino; restituito dopo tre giorni e in riposo sotto una pianta di cucurbitacee. Un’allegoria della resurrezione di Cristo e del destino ultraterreno che attende i battezzati. La mirabile sequenza di immagini di Aquileia potrebbe essere definita come un’esegesi musiva della storia del profeta Giona: essa è, in realtà, una vera e propria parabola anticotestamentaria che ha conquistato l’arte cristiana fin dalle origini”. (Gianfranco Ravasi)