L’epopea degli artisti friulani.
Un modo appropriato per approfondire la conoscenza delle personalità illustri del Friuli Venezia Giulia è quello di consultare quella preziosa miniera rappresentata dal Dizionario biografico dei Friulani. Nuovo Liruti on line, frutto di un progetto dell’Istituto Pio Paschini per la storia della Chiesa in Friuli, che si è proposto di realizzare l’edizione digitale del Nuovo Liruti pubblicato da Forum Editrice Universitaria Udinese in tre volumi a stampa su: Il medioevo, L’età veneta e L’età contemporanea.
In realtà, come precisano i curatori, non si è trattato semplicemente della trasposizione su base digitale dell’edizione a stampa del Nuovo Liruti, ma della creazione di un vero e proprio dizionario biografico on-line, dotato di numerose funzionalità che, in tal modo, diventa utile allo studioso, ma anche a chiunque intenda approfondire la storia e la cultura della regione.
Attraverso questa bussola, ma anche attraverso le ricerche e gli studi che sono stati fatti sull’esperienza dei mosaicisti del Friuli, è possibile percorrere le vicende di alcuni degli esponenti più noti che si sono distinti nell’arte del mosaico fra la fine dell’Ottocento e il Novecento. In maniera ovviamente non esaustiva.

FACCHINA. Giandomenico Facchina, Mosaico Paris Petit Palais.
Si può iniziare questo breve excursus da Gian Domenico Facchina, considerato uno dei più famosi mosaicisti della seconda metà dell’Ottocento. Già a 17 anni partecipa al restauro dei mosaici della cattedrale di San Giusto a Trieste, poi apprendista da due artisti romani impegnati nel restauro dei mosaici della basilica di San Marco, quindi ad Aquileia, presso la basilica patriarcale, per un restauro del più antico e più grande mosaico pavimentale di tutto l’occidente.
Nel 1860 Facchina è a Parigi. L’imperatore Napoleone III, uscito miracolosamente illeso da un attentato dinamitardo perpetrato ad opera di Felice Orsini, vuole celebrare lo scampato pericolo con la costruzione di un nuovo teatro nella capitale e ne affida il progetto all’architetto Charles Garnier. Dopo 15 anni di lavoro nasce il nuovo teatro dell’Opera di Parigi, ritenuto all’avanguardia per le soluzioni tecniche adottate dal progettista. Nel 1867, all’Esposizione Universale di Parigi, Garnier conosce Facchina al quale affida l’esecuzione dei mosaici pavimentali del teatro e poi il rivestimento della volta del foyer. Facchina, che dispone nel suo atelier parigino di circa 120 mosaicisti, fra cui molte donne, realizza in pochi mesi 300 metri quadrati di mosaico con strumenti musicali, animali, maschere, arabeschi e altri ornamenti.
Il successo e la fama del Facchina si espandono rapidamente e le commesse di lavoro arrivano da mezzo mondo. Oltre al laboratorio in rue Legendre a Parigi, Facchina affitta a Venezia il palazzo Labia. La direzione artistica viene affidata ad Antonio Fabris, di Sequals. In Calle Lunga Facchina acquista una fornace, della quale affiderà la direzione al tecnico Angelo Orsoni, che riuscirà in breve a predisporre una produzione di smalti di addirittura 12 mila colori diversi.
Dal laboratorio parigino di Facchina escono migliaia di opere, destinate alla decorazione dei più celebri palazzi d’Europa, America, Africa e Asia (a Londra, Madrid, Barcellona, L’Aia, Chicago, New York, Gerusalemme, Pietroburgo, Rio de Janeiro, Buenos Aires, Algeri e Kyoto, solo per citare alcune delle più importanti città). In Francia, presso il Santuario di Lourdes, decora le 15 cappelle della basilica con scene bibliche e storiche.

TERRAZZO VENEZIANO. Dettaglio del pavimento nel convento domenicano di Santi Giovanni e Paolo a Venezia.
Facchina muore nel 1903 e ora riposa al Père Lachaise, il cimitero degli artisti di Parigi. Nel giro di pochi anni il laboratorio musivo più prestigioso al mondo chiude i battenti. Pochi anni dopo la morte di Facchina, venne costituita in modo “informale” la prima scuola di mosaico da parte del maestro Andrea Avon – altra personalità gigantesca in questo campo – nel laboratorio che l’artigiano aveva trasferito da Venezia a Solimbergo, frazione di Sequals. Era l’anno 1907. Il laboratorio sarebbe rimasto in funzione fino al 1917.
Nel 1920, si costituisce la Società Anonima Cooperativa Mosaicisti del Friuli, che porterà alla Scuola Mosaicisti nel 1922, e dove oltre ad Andrea Avon si ritrovano i maggiori imprenditori del mosaico e del terrazzo alla veneziana: Pietro Pellarin, Vincenzo Odorico, Giovanni Zanier. Di Andrea Avon possiamo ricordare che le sue opere musive sono collocate a Nizza, Montecarlo, Trieste, Zagabria, Budapest, Varsavia, New York e Washington. Dal 1896, con una qualificata squadra di mosaicisti, lavora a San Pietroburgo.
Nel 1923, in seguito a una paralisi al braccio, lascia l’insegnamento al figlio Gino, il quale, a sua volta, giovanissimo si trasferisce prima a Nizza e poi a Parigi dove già operavano come provetti mosaicisti i fratelli maggiori Vincenzo, Angelo e Tommaso. Rientra in Friuli dove, dal 1923 al 1930, è un valente insegnante di tecnica musiva presso la scuola di Spilimbergo. Fra le sue opere successive, i mosaici della facciata del tribunale di Porto Said, i pavimenti di palazzo Adria a Fiume e dell’Università di Trieste.

AVON. Veduta della piazza della Libertà di Udine, mosaico di Gino Avon, fine anni Sessanta (collezione privata).
Fra gli artisti tutto tondo, pittore, decoratore, disegnatore e anche mosaicista, possiamo ricordare Ernesto Mitri, nato nel 1907 in borgo Villalta a Udine. Fra il 1935 e il 1974 si dedicò molto al mosaico, collaborando con la scuola mosaicisti di Spilimbergo per cappelle funebri (cappella Albini nel cimitero di Cividale 1935), il bar Delser (1948), la Camera di Commercio (1958) e la scuola elementare Pascoli (1960) a Udine, la scuola media di Tolmezzo (1970) e molte chiese. Tra queste ultime si possono ricordare a Udine la chiesa del Sacro Cuore (1958-1959) e la parrocchiale di S. Pio X (1964-1976) dove realizzò anche le vetrate, a San Vito al Tagliamento il santuario della Madonna di Rosa (1969-1979) e a Pordenone la chiesa di S. Giovanni Bosco (1968- 1969).
Ancora altri protagonisti. Poco più giovane di Andrea Avon, il cavalier Pietro Pellarin (1868-1948) è un mirabile esempio dell’emigrante benefattore che dopo aver fatto fortuna negli Stati Uniti è tornato nel paese natale per passarvi gli ultimi anni della sua vita e aiutare i suoi compaesani con opere a carattere sociale. Anche lui si forma a Venezia accanto al Facchina e si trasferisce in Francia e Germania prima di arrivare a Detroit nel Michigan dove apre un laboratorio di mosaico e terrazzo. Lavora tra l’altro ai pavimenti e decorazioni del Municipio e del Congresso di Washington D.C e a quelli della cattedrale di San Patrizio di New York. Come si è già osservato è tra i fondatori della Società Anonima dei Mosaicisti di Sequals di cui diventa presidente.
Anche la famiglia degli Odorico si è distinta per il lavoro nell’edilizia e nel mosaico in tutta Europa fin dalla metà del ’700. Il capostipite Giovanni Battista, ebbe cinque figli che, nello stemma di famiglia, vengono rappresentati da cinque girasoli sotto i quali appare il moto “Sempre verso la luce” e la data, 1754, che si riferisce all’anno di fondazione del sodalizio lavorativo della famiglia. I nipoti Angelo, Vincenzo, Isidoro, Giovanni detto Johann, lavorarono insieme al Cremlino e a San Pietroburgo, specializzandosi nella decorazione musiva delle basiliche ortodosse in Russia e, successivamente, anche in Romania e Serbia, in Croazia e Ungheria, e quindi in Germania, Francia e Danimarca.
Alla fine del ‘800, alcuni loro discendenti costruirono sul pendio che dà sul Meduna, nei pressi dell’antica casa colonica del vecchio Giovanni Battista demolita all’inizio degli anni ’50, quattro ville. Ognuna fu battezzata con un nome di donna: Villa Rosmunda, Villa Emma, Villa Johanna e Villa Paolina.