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Le idee e le culture dell'emigrazione

Direttore: Lucio Gregoretti

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Categoria 9 In primo piano 9 La saga dei Cristofoli (e quella medaglia d’oro che non potè essere consegnata)

La saga dei Cristofoli (e quella medaglia d’oro che non potè essere consegnata)

La saga dei Cristofoli (e quella medaglia d’oro che non potè essere consegnata)

La storia epica dei mosaicisti e terrazzieri di una delle più antiche famiglie di Sequals.

I Cristofoli sono una delle più antiche famiglie di Sequals e da sempre si sono dedicati al mestiere del terrazzo e del mosaico. Le schede individuali che coprono il periodo 1850-1940, consultabili presso l’anagrafe del comune di Sequals, rivelano che su 60 individui maschi con quel cognome addirittura 50 svolgevano l’attività di mosaicisti. Si trova qualche contadino, falegname, calzolaio, fornaio, sacerdote, sacrestano, ma questi rimangono casi isolati.

Di solito la professione di terrazziere e mosaicista veniva trasmessa da padre in figlio. Tra i diversi gruppi famigliari individuati, il ramo più antico è quello di Giacomo (1769-1859): suo nipote Giovanni, nato nel 1866, partì per gli Stati Uniti, dove mise su famiglia. Il ramo più ricco di personaggi invece è quello di Andrea (1776-1855) con quattro generazioni di artisti, fra cui Francesco e i suoi figli che portarono la loro arte in Danimarca. Anche dopo Felice (1837-1924) seguirono quattro generazioni di mosaicisti che emigrarono in Belgio e più particolarmente a Bruges, dove il pronipote Oreste si stabilì in modo definitivo e morì nel 1978. Luigi Pognici enumera tra i mosaicisti viventi nel 1870 Edoardo Cristofoli (ingegno versatile più unico che raro, morto pazzo) e Osvaldo Cristofoli, morto a Parigi.

Nell’Ottocento le mete più frequenti erano la Francia e i paesi francofoni come il Belgio, il Lussemburgo e alcuni cantoni della Svizzera. Già allora molti emigravano con l’intera famiglia. Come è il caso appunto di Osvaldo Cristofoli (nato nel 1852) che partì con la moglie Orsola Minzatti per Parigi, dove lavorò al Louvre e all’Opera sotto il Facchina e dove nacque, nel 1865, suo figlio Antonio, considerato un vero artista oltre che un personaggio originale: Antoine, come veniva chiamato, dopo aver lavorato nei palazzi imperiali di San Pietroburgo e nella Città Proibita di Pechino e aver vissuto una vita avventurosa, tornò a Sequals dove, ridotto allo stato di barbone, morì nel 1939.

All’inizio del Novecento molti Cristofoli emigrarono in Germania, facendosi seguire dalle famiglie: Angelo (1873-1927) s’installò a Berlino dove nacque nel 1903 suo figlio Rolando. Successivamente, nel periodo che va dalla prima alla seconda Guerra Mondiale, l’Inghilterra divenne una delle destinazioni più ambite: Domenico (1905-1940), Ettore (1901-1940) e Renato (1908-1940), che lavoravano negli anni Trenta a Londra per Giuseppe Mazziol, furono arrestati per motivi politici, come centinaia di altri italiani che si trovavano nel Regno Unito, e condannati alla deportazione. Perirono nelle acque gelide dell’Atlantico durante l’affondamento dell’Arandora Star. Anche Enea (1906-1953), che realizzò una fontana nell’albergo Dorchester di Londra, fu internato per le stesse ragioni nell’isola di Mann durante un anno e mezzo.

Angelo Cristofoli con la moglie e i primi due figli.

CRISTOFOLI. Angelo Cristofoli con la moglie e i primi due figli.

 

Dopo la fine delle guerra, molti decisero di tentare la fortuna nel Nord America, negli Stati Uniti o in Canada: come ad esempio Sante (nato nel 1907) che, nel 1948, partì per Toronto e morì tragicamente in un incidente di lavoro dopo appena otto giorni di permanenza. Queste drammatiche vicende ci ricordano che la vita dell’emigrante era difficile e incerta, fatta di sacrifici e umiliazioni.

Gran parte di questi uomini rimasero tutta la loro vita sconosciuti ai più e pochi ebbero modo di emergere veramente. Tuttavia si possono citare alcuni personaggi di spicco come Ermenegildo Cristofoli (1848-1936) detto anche “il Pittore”, che fu una personalità stravagante ma dal talento geniale. Centinaia di operai lavorarono alle sue dipendenze in Ungheria, in Russia dove realizzò le decorazioni musive nei Palazzi Imperiali di San Pietroburgo, di Mosca, di Peterhof, di Niji Novgorod e Kasan.

Pier Antonio Cristofoli ebbe una ditta in Francia e fu l’inventore di un surrogato del marmo, più economico e resistente. Ottenne vari riconoscimenti per il suo proficuo lavoro alle Esposizioni Universali e Internazionali di Londra, Parigi e New York.

In Danimarca Francesco Cristofoli (1871-1947) partecipò ai lavori più importanti realizzati della ditta di Andrea Carnera. Uno dei suoi figli, Costante (1904-1972), lavorò nel Palazzo Reale e nella Gliptoteca di Copenhagen e, dopo 50 anni di lavoro in Danimarca, nel 1960 ricevette la medaglia d’oro della Camera di Commercio di Udine “per la lunga e encomiabile opera prestata all’estero quale mosaicista e applicatore”.

Suo fratello Giovanni lavorò invece con la ditta Odorico, mantenendo la famiglia e assicurando l’ottima formazione scolastica di suo figlio Francesco, che divenne uno dei più noti direttori d’orchestra d’Europa. Nella famiglia Cristofoli la tradizione del mosaico è antichissima: il bisnonno Luigi, nato nel 1816, aveva addirittura lavorato in Marocco con i Tossut. I tre nipoti di Luigi, Olvino (1873-1936), Angelo (1875-1923) e Pacifico (1879-1936) ne calcarono le orme. Pacifico, sposato, senza figli, lavorò come terrazziere per conto proprio a Bruxelles.

Olvino e Angelo furono invece considerati i veri artisti della famiglia. Il primo, impiegato nella ditta dei Tossut, lavorò in Germania, in Austria e in Ungheria. Lavorò anche per conto suo, eseguendo vari quadri e opere in mosaico che si trovano tutt’ora negli Stati Uniti. Angelo partì assieme alla moglie Elisa Ceconi e al figlioletto Valentino di due anni per la Germania. Si installarono a Solln (zona ricca di fornaci dove la presenza di friulani era numerosissima) nella periferia di Monaco di Baviera e vi rimasero una decina di anni. Qui nacquero altri due figli: Luigia e Vittorio. Nel 1914 con lo scoppio della Grande Guerra la famiglia dovette tornare a Sequals.

La Scuola Mosaicisti di Spilimbergo

MOSAICISTI. Nata nel 1922 la Scuola Mosaicisti di Spilimbergo si pone come obiettivo l’impegno didattico, tra tradizione e rinnovamento, tra realtà produttiva e realtà culturale. Gli stessi pionieri del mosaico moderno, i mosaicisti di Sequals del secolo scorso, sono stati capaci di allacciare relazioni con pittori e architetti diramando la loro arte in tutto il mondo, dalla decorazione della Library of Congress di Washington a quella dell’Opéra di Parigi. Con queste premesse, nella sua tipologia didattica e produttiva, la Scuola realizza importanti interventi musivi di richiamo internazionale, passando attraverso lo studio e l’applicazione del mosaico romano, bizantino e moderno. Nella luminosità dei laboratori di mosaico e di terrazzo, martelline, ceppi e taglioli ancora oggi scandiscono il tempo di un lavoro di lontana memoria.

 

Dopo il conflitto, Angelo emigrò in Belgio, dove lavorò per i fratelli Felice e Giovanni Cristofoli. Una sua opera che rappresenta la Madonna della Vittoria che celebra il 4 novembre 1918, realizzata dopo la fine della Guerra, si trova tuttora nel giardino Del Turco. Angelo morì in Belgio (Sainte Croix) dove venne sepolto nel 1923. Sulla pietra tombale, un Cristo su una croce di mosaico, eseguito da Valentino, testimonia l’ammirazione che egli ebbe per il proprio padre e maestro.

Quando tornò a Sequals, con i genitori e i fratelli nati in Baviera, Valentino incominciò, all’età di 13 anni, sotto la guida e l’insegnamento del padre, a cimentarsi nel mestiere di terrazziere; negli anni 1916-17 si recò con lui a Torino e lavorò con la ditta Martini. Nel 1920, si perfezionò nell’arte del mosaico presso la bottega del maestro Castaman di Murano, dove venne a contatto con gli smalti e le tessere d’oro, che furono la sua vera passione e che gli permisero di esprimere al meglio le sue capacità.

Dal 1922 al 1930, Valentino lavorò a Bruges alle dipendenze delle ditta Lentout. Nel 1930, si recò a bordeaux dove lavorò nella ditta del sequalsese Foscato fino al 1934. In quell’anno partecipò in Francia alla Exposition Départementale du Travail della città di Mont de Marsan, con un opera che ottenne il primo posto e il voto di 19/20, giudicata “de très grande valeur artistique et qui dépasse singulièrement la moyenne des travaux esposés en général”. Ma essendo di nazionalità straniera , non poté ricevere né la Medaglia d’oro né il premio di cento franchi che spettavano di diritto al primo classificato.

Quando scoppiò la seconda Guerra Mondiale, Valentino rientrò in Italia e lavorò a Torino con i Crovato e gli Odorico. Le sue peregrinazioni lo portarono negli anni Trenta anche in Libia. Nel dopoguerra tornò in Francia, questa volta a Marsiglia, dove lavorò per la ditta Patrizio. Negli anni ’50 fu di nuovo in Germania, a Bonn nel 1959, a Colonia nel 1961. Nel 1962, si ritirò definitivamente a Sequals. Tuttavia non rinunciò al suo amore per il mosaico e continuò a eseguire nel suo atelier, al primo piano della sua casa situata nel Ghet, lavori di grande bellezza per parenti e amici e soprattutto per Sequals.

 

Approfondimento in rete: www.sequalstorie.it/mosaici-mosaicisti.

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