Un autoritratto personale e artistico del grande compositore e concertista Stefano Sacher: dalle sue performance europee a contatto con i corregionali alla rappresentazione de “La memoria di Medea”.
di STEFANO SACHER
Il Caso può influenzare e determinare scelte che non avremmo mai pensato di effettuare. Non so se esista il Destino che diriga le nostre vite, la Anànke degli antichi greci, ma coincidenze fortuite o fortunate che modifichino il corso delle nostre vite ci sono, eccome!
Non avrei mai pensato di vivere con la musica. Intorno ai 12 anni, a causa o grazie al trasloco di una prozia paterna, giunse a casa dei miei un bel pianoforte verticale Koch&Korselt con tanto di autentici candelabri in ottone, costruito a Praga nel 1913 e che mi indusse a strimpellare e a cercare suoni senza conoscenza musicale alcuna.
Un paziente pianista jazz triestino, Silvio Donati, da cui ricevetti le prime nozioni e suggerimenti, mi preparò all’esame di ammissione a Composizione al Conservatorio Tartini di Trieste, dove, con mia grande sorpresa, ebbi un voto superiore agli altri candidati. Oltre alla frequenza al Liceo Classico e al Conservatorio, come spesso succede a quell’età e in una Regione così musicale come la nostra, facevo parte di un coro giovanile, il Gruppo Incontro, un ensemble vocale-strumentale che fu il primo passo verso un’idea di musica che avrei sviluppato nel futuro. Anche in questa occasione e per puro caso, a poco più di vent’anni, fui invitato a dirigere il Coro, cosa che fino ad allora non avevo considerato, pensando invece di dedicarmi interamente agli studi universitari.
Forse vi era in quel momento un disegno del Destino che mi spingeva verso un’attività musicale seria, organizzata e professionale. Così almeno io avevo interpretato le cose che mi accadevano in quel periodo. La direzione di alcuni cori regionali, tra i quali il ”Monteverdi” di Ruda, la gioia nel comporre, alcuni incontri importanti, un buon percorso di studi e un’attività concertistica che a poco a poco mi portava in giro per l’Europa mi apparivano come una realtà necessaria e ineludibile, a cui non avrei potuto sottrarmi.
La direzione d’orchestra, ad esempio, nacque dall’ampliamento del repertorio corale verso quello sinfonico-corale che mi
attrasse subito. E quindi Fauré, Bernstein, Rossini, Mozart, Beethoven, Schubert, musica del nostro tempo, rappresentarono le tappe della mia attività. Voglio sottolineare che una buona parte dei concerti corali che mi vedevano in giro per l’Europa, mi portavano a contatto con realtà di corregionali all’estero, con cui i quali mi sentivo immediatamente in piena sintonia e simpatia.

Data la frenetica attività concertistica, con conseguente studio di nuove composizioni, non avevo troppo tempo per la composizione, situazione che mi pesava e rattristava. Anche in questo caso il Fato mi venne in soccorso, offrendomi la meravigliosa occasione di incontrare il M° Antonio Bibalo (1922-2008), grande compositore, persona generosa e affascinante, nato a Trieste e approdato, dopo una vita avventurosa, difficile ed entusiasmante in Norvegia, nazione che sarebbe divenuta la sua nuova patria.
L’interesse e la pratica compositiva rifiorirono. Iniziai a scrivere composizioni sempre più ambiziose, sviluppando uno stile personale e oserei dire comunicativo e contemporaneo al tempo stesso. Combinare più Arti insieme mi ha sempre affascinato e l’idea di scrivere Teatro Musicale è stata una splendida novità.
Ho appena terminato la mia terza opera Vite dispari, su libretto di Mauro Rossi, e recentemente è stata rappresentata La memoria di Medea, che ho composto su libretto di Ugo Vicic e per la regia di Jasmin Kovic. Mi era stato precedentemente commissionato dal Teatro Stabile Sloveno di Trieste un musical per bambini, Gregor e Silvija, su libretto e regia sempre della Kovic.
L’attività concertistica non mi ha abbandonato e ho trovato un equilibrio con quella compositiva. Oltre alla fondazione della compagine giovanile “Amadeus Adriatic Orchestra” nel 2015, con cui abbiamo affrontato la musica di autori compresi tra il XVIII e il XXI secolo, mi sono mosso anche per conto mio.
Vorrei menzionare e ricordare tra le principali soddisfazioni una serie di concerti negli Stati Uniti, immediatamente prima della pandemia, proponendo un apprezzato programma “viennese”, con musiche di Josef Strauss, L. van Beethoven e Franz Schubert. Il solista al pianoforte per il concerto n. 4 di Beethoven era mio figlio Luca, ed era la prima occasione per noi di suonare insieme!