Il sogno e la speranza ha accompagnato il viaggio di tanti italiani alla ricerca di una nuova vita. Ma è Carl Gustav Jung…
di LIA SILVIA GREGORETTI
Segni e sogni dell’emigrazione: è il titolo di un’opera multimediale del 2009. I segni esprimono la valenza del migrare umano, intesi come lacerazioni dell’anima, impressi da un’esperienza di vita che costringe la persona a ricostruire la propria identità, cultura e vita altrove. I sogni, quelli che hanno accompagnato il viaggio di milioni di italiani alla ricerca di una nuova situazione di vita, sono stati la fonte della forza e del coraggio senza i quali sarebbe stata impossibile anche solo l’idea di emigrare.
Sogni spesso infranti, ma anche sogni che hanno superato la realtà regalando a tanti nostri connazionali una vita leggendaria. Più di ogni altro è il “sogno americano”, a rappresentare il simbolo che ha spinto, e ancora spinge, a ricercare nuovi approdi in America o altrove. Ma cos’è, realmente, un sogno?
La prima risposta da dare è “non si sa”. Già cercando il termine su Wikipedia ci si imbatte in una profusione di verbi declinati al condizionale e di teorie scientifiche. Negli ultimi anni, la tecnologia medica, soprattutto attraverso l’uso del “MRI”, la risonanza magnetica funzionale, ha permesso di scoprire quali sono le aree del cervello che si attivano durante la notte, durante il sonno e i sogni. Ma il completo meccanismo non ha ancora trovato una definizione univoca, né tantomeno ne è nota la funzione: perché si sogna?

SELFIE ART. Mona e la lattaia immortalano il loro viaggio nell’urlo. Travailwiki.
Battiato racchiude la sua risposta in un verso che è una summa: “L’inconscio ci comunica coi sogni frammenti di verità sepolte”. Nei millenni, solo filosofia, religione, arte, letteratura hanno potuto aiutare l’uomo a trovare una spiegazione dinnanzi ad un fenomeno così trascendente, totalizzante, non controllabile, delle cui versioni più oscure restiamo preda nelle notti da incubo, perseguitati o inseguiti, angosciati da visioni e sensazioni che solo all’alba riprendono una dimensione affrontabile.
Si ritiene che a parlare di inconscio sia stato per primo Freud, in realtà il concetto risale già a Platone e ai neoplatonici, per attraversare i filosofi del XIX secolo fino ad approdare appunto a Freud, che intorno all’inconscio costruì tutta la sua teoria psicanalitica che, sebbene con i suoi riconosciuti limiti, ha segnato un passo fondamentale nell’educazione dell’uomo del XX secolo. Con il termine “inconscio” Freud intendeva un complesso di processi, contenuti ed impulsi che non affiorano alla coscienza del soggetto e che pertanto non sono controllabili razionalmente, ma riaffiorano nei lapsus, nelle distrazioni e nei sogni, appunto.
Ma fu il suo discepolo/rivale Carl Gusav Jung a fare del sogno il processo cardine della sua teoria sul processo di individuazione, ovvero l’arte di diventare se stessi. Nella sua biografia, Jung inizia raccontando i sogni che lo formarono come individuo: dai ricordi di un sé bambino e poi avanti negli anni, i suoi sogni notturni danzavano con gli accadimenti quotidiani arricchendone il significato. La vista di un gesuita in abito talare lo perseguitò per anni, dandogli modo di scoprire parti di sé legate alla cultura della sua epoca ma anche della suo famiglia (tutti pastori protestanti).
Studiandosi, negli anni, scoprì che i sogni non hanno un significato di per sé, un’interpretazione da cercare, ma sono ampie pennellate sulla psiche dell’individuo, che cresce come un quadro, che assume una sua immagine, di pennellata in pennellata. Di sogno in sogno, ritrovandolo nella realtà: più che interpretato, il sogno andrebbe in effetti vissuto. La pratica psicanalitica del dreamtending prevede infatti di conoscere le proprie immagini oniriche disegnandole, raccontandole, scrivendole in poesia. Il prodotto dei sogni non va capito: va lavorato, giocato, come se fosse della creta malleabile.

LEONARDO. Mona Lisa alter. Pipeman90, Felipe Osorio / Wikimedia Commons.
In religione al sogno viene data una parte tanto importante quanto la figura di Giacobbe, Padre dell’Ebraismo, con il sogno della scala su cui salgono e scendono gli angeli, e suo figlio Giuseppe, con il sogno delle sette vacche grasse e sette vacche magre: si credeva che i sogni fossero messaggi di Dio, e i profeti erano chiamati ad interpretarli per conoscerne il volere.
Anche lo sciamanesimo considera i sogni parte essenziale della vita: le tribù amazzoniche reputano che sia la realtà ad essere un sogno, mentre di notte ci si sveglia alla vera vita, così pure gli aborigeni australiani fanno del Tempo del Sogno l’origine della loro storia. Esso era abitato da esseri rappresentati come creature gigantesche con forma di animali che camminando, cacciando, danzando o semplicemente sedendosi per terra lasciarono nel mondo fisico tracce delle loro azioni e segni del loro passaggio: le montagne, le rocce, le pozze d’acqua, e ogni altro oggetto presente in natura.
Tra gli autori che più si sono fatti portavoce di questa cultura spicca sicuramente Carlos Castaneda che nei suoi libri, a partire dal 1960, racconta l’incontro con un messicano di etnia Yaqui, Don Juan. Questi lo avrebbe iniziato alla stregoneria antica messicana, per usare i termini esatti del suo libro, portandolo a scoprire nuovi mondi e stati di coscienza alterati ricorrendo inizialmente anche a sostanze allucinogene.
La rivoluzione psichedelica degli anni ’60 e ’70, con gli studi di Hoffman e Pollan, si inserisce perfettamente in quell’ondata di risveglio post-bellico che, dopo alcuni anni di proibizionismo, è ricominciata negli ultimi anni quando le innovazione tecnologiche hanno potuto osservare le modifiche neurologiche apportate da sostanze naturali che da sempre vengono utlizzate nelle cosiddette civiltà antropologiche.

INCONSCIO. René Magritte, L’art de la conversation, Exposició de Caixafòrum a Barcellona.
Perché alla fine lo scopo è uno: il benessere fisiologico e psicologico dell’essere umano. Alterare la percezione della coscienza con erbe, sogni, meditazione, permette l’accesso a strutture cerebrali diverse rispetto allo stato di veglia. Gli stati cosiddetti “del profondo”, che mirano cioè a interrompere il vociare interiore (codificato come DFN, Default Mode Network, ossia la rete di strutture cerebrali che coinvolge soprattutto la corteccia). Quando la mente tace, tutto il resto guarisce.
C’è un’ultima esperienza onirica che non si può tralasciare: il sogno lucido, ovvero la capacità di prendere il controllo del sogno e di dirigerlo a proprio piacimento. Ne La danza della realtà Alejandro Jodorowsky racconta di notti intere a girovagare tra le stelle, potendosi permettere ogni sorta di esperienza trovandosi, cosciente, in una dimensione infinita ed eterna. Sono molto poche le persone che hanno questa facoltà, anche se a tutti è capitato di accorgersi di stare sognando, ma si tratta comunque di un’attitudine che può essere coltivata.
Come primo compito, sarebbe adeguato riportare ogni mattina su un quaderno il resoconto dei propri sogni notturni. Un po’ come fece il chimico tedesco August Kekulé: dopo che egli ebbe intuito la formula di struttura del benzene gliene fu chiesta la genesi, ed egli rispose che l’aveva sognata, più volte. La prima volta si assopì e “vide” gli atomi danzare vorticosamente e creare forme inusuali, mai viste prima. La seconda volta, nel 1861, addormentandosi davanti al caminetto, vide chiaramente gli atomi unirsi in file sinuose e ricurve, a guisa di serpenti. Uno di questi, curiosamente, afferrò con la bocca la sua stessa coda.
Kekulé fu impressionato da questa visione e, una volta sveglio, riprese a lavorare alle sue formule tentando di riprodurre ciò che aveva visto in sogno. La scoperta dell’anello benzenico, che si richiude su se stesso, fu la soluzione che rivoluzionò la concezione della natura del legame chimico.
Possiamo concludere con un pensiero di Papa Giovanni che è anche un buon consiglio per quando sogniamo il nostro futuro: “Non consultarti con le tue paure, ma con le tue speranze e i tuoi sogni. Non pensate alle vostre frustrazioni, ma al vostro potenziale irrealizzato. Non preoccupatevi per ciò che avete provato e fallito, ma di ciò che vi è ancora possibile fare”.