Ricorrono 75 anni dal patto italo-belga del 23 giugno 1946, con il quale l’Italia si impegnava a trasferire lavoratori, in cambio di carbone. Uno scambio vergognoso. Ma ci fu dell’altro, non meno scandaloso.
Il 23 giugno del 1946 tra il Governo italiano e quello belga, col beneplacito dei sindacati, venne firmato il protocollo d’intesa che prevedeva l’invio di ben 50.000 lavoratori italiani in cambio della fornitura proporzionata di carbone.
Finita la guerra, in tutti i Paesi c’era la necessità della ricostruzione. Il Belgio, ricco di miniere di carbone, non aveva abbastanza manodopera; l’Italia, ricca di manodopera, non aveva carbone. Ed ecco che scatta l’idea al Belgio di barattare il suo carbone con la manodopera d’Italia. L’accordo minatore-carbone prevedeva che la manodopera non dovesse superare l’età di 35 anni e l’invio era di 2000 persone alla settimana; con esso il Governo italiano intendeva dimostrare al mondo la volontà dell’Italia di dare il proprio contributo alla ripresa economica dell’Europa.
La tragedia di Marcinelle, l’8 agosto 1956, mise fine a quella crudele intesa che lasciava i nostri connazionali in balia del rischio sul lavoro e nel disagio nelle condizioni di vita. Vi persero la vita 136 italiani, diversi provenienti dal povero Friuli Venezia Giulia. Nella ricorrenza dei 75 anni dalla sottoscrizione dell’accordo, il contributo di Flavia Cumoli analizza con chiarezza e intelligenza quel periodo dell’emigrazione italiana in Belgio.
Nelle zone più povere, come il Friuli, e quindi a più alta densità migratoria, furono affissi i cosiddetti manifesti rosa, dove si invogliava la gente a trasferirsi in Belgio a lavorare sottoterra in cambio di un ottimo salario sicuro, ferie pagate, assegni familiari e alloggi adeguati anche per i familiari, con la solenne promessa di andare in pensione molto prima del previsto.
Per gran parte di coloro che partirono la realtà fu profondamente diversa: al posto delle case, dovettero sistemarsi inizialmente nelle baracche, quelle utilizzate in precedenza per i prigionieri di guerra; le condizioni di lavoro risultarono particolarmente disagiate e rischiose; il percorso d’integrazione difficile. Per tutti i nostri connazionali, dunque, si trattò di un’esperienza irta di problemi e amarezze, affrontata per la necessità di poter provvedere a se stessi e ai propri familiari.
Alle 8.10 dell’8 agosto 1956, nella miniera di Marcinelle, scoppiò un incendio alimentato da 900 litri di combustibile. Morirono 262 persone, di cui 136 italiani. Il processo si concluse nel 1964. Nessuno pagò per quella strage, il tribunale addossò la colpa agli stessi operai. Le famiglie non furono risarcite, ebbero un simbolico sostegno per seppellire i loro morti.

MARCINELLE. Al centro minerario di Marcinelle in Avenue Philippeville 128: l’immagine realizzata sulla facciata della casa, già di proprietà del famoso assassino Marc Dutroux. Immagine di Tijmen Stam.